Sanihelp.it – Tra gli argomenti attualmente oggetto di ricerca rientra sicuramente il digiuno, perché la riduzione dell'assunzione di cibo, e quindi la restrizione calorica, hanno una serie di effetti sull'organismo che vanno oltre la perdita di peso comunemente osservata. I ricercatori del Centro tedesco per le malattie neurodegenerative Dzne, insieme a un team cinese della Qingdao University e della University of Health and Rehabilitation Sciences, stanno studiando gli effetti del digiuno sull’invecchiamento. Ma indagando sull'impatto del digiuno sulla prole dei topi maschi hanno rilevato che quelli che avevano digiunato per lunghi periodi erano insolitamente prolifici, anche se anziani.
Nello studio i topi maschi sono stati sottoposti a una forma specifica di digiuno intermittente a partire dai 2 mesi di vita. Il loro accesso al cibo seguiva uno schema ricorrente: cibo senza limitazioni per 24 ore, seguite da 24 con accesso solo ad acqua. «Alla fine, ci siamo resi conto: è una questione di comportamento. I maschi a digiuno avevano molti più contatti sessuali rispetto ai topi che potevano mangiare liberamente. La frequenza di accoppiamento era insolitamente alta» spiegano gli scienziati.
Approfondendo la questione gli studiosi hanno così scoperto che un digiuno prolungato scandito in cicli di 24 ore è in grado di aumentare la libido nei roditori di sesso maschile abbassando la concentrazione del neurotrasmettitore serotonina nel cervello ( che ha normalmente un effetto inibitore). La serotonina è prodotta principalmente nel tratto gastrointestinale, ma anche nel cervello e la sua sintesi dipende dal triptofano, che deve essere ottenuto con la dieta. Bassi livelli di serotonina, quindi, sono una conseguenza del digiuno. Affinché il digiuno intermittente abbia l'effetto di aumentare la libido, ci vuole però del tempo: secondo lo studio, la durata minima sembra essere compresa tra sei settimane e sei mesi. Studi futuri dovranno chiarire se anche altri tipi di digiuno possano sortire lo stesso effetto.
Gli autori hanno pubblicato i risultati sulla rivista scientifica Cell Metabolism, suggerendo che meccanismi simili potrebbero esistere anche negli esseri umani, negli uomini e forse anche nelle donne. Tanto da considerare il digiuno come un potenziale approccio per trattare la perdita patologica del desiderio sessuale.