Sanihelp.it – La vulvodinia è una patologia complessa e multifattoriale, che colpisce fino al 18% delle donne nel corso della vita, ed caratterizzata da dolore cronico ai genitali, finendo per incidere negativamente sulla quotidianità e sulla sessualità di chi ne soffre. Come se non bastasse, viene spesso diagnosticata in ritardo.
C’è però una novità positiva in tal senso: in Italia è ora disponibile un nuovo test genetico predittivo, cioè un test che è in grado di individuare la predisposizione alla vulvodinia e identificare precocemente il disturbo, se già presente. Il test è stato messo a punto dal Polo d’Innovazione di Genomica, Genetica e Biologia (Polo GGB), con sede a Siena presso il bioincubatore della Fondazione Toscana Life Sciences, in collaborazione con il professor Filippo Murina, ginecologo, Primario presso l’Ospedale V. Buzzi – Università La Statale di Milano, che ha condotto uno studio su un gruppo di 60 donne, tra casi con diagnosi certa di vulvodinia e controlli.
Il nuovo test genetico, battezzato SoReal, valuta sostanzialmente la predisposizione ad alterati livelli di alcune molecole che sono coinvolte nella sensibilità al dolore, sintomo predominante nella vulvodinia. Lo studio condotto ha infatti mostrato una differenza significativa tra i casi con diagnosti certa e i controlli, in termini di predisposizione genetica verso alterati livelli di uno dei recettori dell’ormone progesterone (PGRM1), che già in altri studi è risultato correlato alla sensibilità al dolore.
Lo studio ha rilevato anche correlazioni significative tra la predisposizione ad alterati livelli di alcuni ormoni o dei loro recettori e alcune evidenze cliniche come lo spessore della mucosa vestibolare e/o la sensibilità al dolore acuto e/o prolungato. Ciò permettere non solo di anticipare un sospetto diagnostico di vulvodinia ma, anche di differenziare le pazienti consentendo di indirizzarle verso la terapia per loro più appropriata. Anche per il questo il test va effettuato con il supporto di esperti nella gestione della malattia.
«La vulvodinia è una malattia devastante per la quotidianità e intimità della donna; curarla oggi è possibile, utilizzando i numerosi approcci a nostra disposizione, ma fondamentale è caratterizzarla bene, per costruire un percorso di cura personalizzato. L’aver individuato una predisposizione genetica che ci consente di affinare le nostre armi terapeutiche è un grande passo avanti per le pazienti» sottolinea il professor Filippo Murina, che è anche direttore scientifico dell’Associazione Italiana Vulvodinia Onlus.