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Donne: una su 7 soffre di vulvodinia

Salute

Sanihelp.it – Un dolore bruciante o come punture di spilli, intermittente oppure continuo, in una delle parti più intime del corpo femminile, la vulva. Quando dura da almeno 3-6 mesi e non è riconducibile a lesioni, infezioni o altre specifiche patologie, probabilmente siamo in presenza di vulvodinia.


 «Il dolore vulvare colpisce i genitali esterni femminili», spiega la professoressa Alessandra Graziottin, Direttore Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica all’Ospedale San Raffaele Resnati di Milano. «Può interessare il vestibolo vulvare, l’area compresa all'interno delle piccole labbra, al di sotto della clitoride e fino alla forchetta; oppure l'area clitoridea (clitoralgia) o tutta la vulva. Si parla di vestibolodinia quando il dolore, di durata superiore ai 3-6 mesi, interessa il vestibolo vulvare e di vulvodinia quando interessa tutta la vulva. Può colpire non solo la vita intima e sessuale, ma anche tutte le sfere dell'esistenza, perché il dolore cronico è un divoratore esigente di energia vitale e di sogni».

Si tratta di un calvario che affligge fino al 18% delle donne. «Nonostante il suo pesante impatto sulla sessualità e sulla qualità di vita generale delle pazienti, la malattia non è attualmente inclusa nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Il che si traduce nell’assenza di esenzione per patologia, nella non copertura di tutta una serie di trattamenti e nella mancanza di centri ad hoc, in ambito di sanità pubblica, capaci di affrontare il problema» rivela Filippo Murina, Direttore scientifico dell’Associazione Italiana Vulvodinia Onlus, Responsabile Servizio di Patologia del Tratto Genitale Inferiore presso l'Ospedale V. Buzzi – Università degli Studi di Milano. «Una proposta di legge per l’inserimento della vulvodinia nei LEA e il suo riconoscimento quale condizione cronica e invalidante è stata depositata già due anni fa a entrambe le Camere. È cruciale far ripartire l’iter per la sua approvazione e rendere, così, le cure davvero accessibili su tutto il territorio nazionale».

Anche perché guarire dalla vulvodinia è possibile. «Dato il carattere multifattoriale della patologia, l’approccio deve essere sia multidisciplinare, con il contributo, oltre che del ginecologo, di altri specialisti, sia multimodale, con l’impiego di più strumenti (prodotti topici, farmaci, infiltrazioni, trattamenti fisico-riabilitativi, tecniche strumentali, psicoterapia, dieta, norme di comportamento), che occorre dosare in un percorso terapeutico personalizzato sulla singola paziente» continua Murina. «Le possibilità sono tante e ne sono in arrivo anche di nuove. Uno studio clinico appena pubblicato ha dimostrato come un gel per uso topico a base di spermidina, veicolata da acido ialuronico, sia in grado di ridurre il dolore vestibolare del 76% e di alleviare il disagio durante i rapporti sessuali (dispareunia) del 50%, in assenza di effetti collaterali. Risultati promettenti, quindi, nell’ambito di un approccio multimodale e con la necessità di selezionare accuratamente le pazienti che possono trarne beneficio, in base alle loro caratteristiche e alla tipologia di malattia».

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