Sanihelp.it – Il ménage sessuale delle coppie moderne è costantemente sotto il microscopio. Senza andare troppo indietro nel tempo, solo negli ultimi mesi ci è stato svelato che nelle alcove italiane si registra un boom di sesso estremo, ma anche che, dopo il matrimonio, il sesso langue, soprattutto a causa della routine quotidiana che assorbe le energie delle donne, alle prese con casa, lavoro, figli e marito.
E sembra che la questione ruoti sempre attorno alle donne anche per l’ultimo studio sull’argomento, condotto dagli scienziati della School of Public Health dell’Università Johns Hopkins Bloomberg di Baltimora (Usa). L’obiettivo degli studiosi era verificare il rapporto tra autonomia femminile e frequenza dei rapporti sessuali. Gli scienziati hanno quindi intervistato coppie di sei differenti Paesi africani, Ghana, Malawi, Rwanda, Mali, Uganda e Zimbabwe: hanno chiesto loro di indicare giorno, mese e anno dell’ultimo rapporto sessuale e rivelare chi, in casa, prendesse decisioni di vario genere (le spese da fare, le cure mediche da affrontare, le visite a parenti e amici eccetera).
È emerso, così, un rapporto inversamente proporzionale tra autonomia decisionale femminile e frequenza del sesso: «C'è una tendenza coerente nei sei Paesi presi in esame: quanto più una donna prende decisioni in autonomia, rispetto a una decisione comune della coppia, meno si tende a fare l’amore, e anche l’ultimo rapporto sessuale avuto risale a molto tempo prima», rivela la ricercatrice Michelle Hindin.
Resta da capire, però, quale sia l’origine di questo legame tra maggiore autonomia decisionale femminile e minore frequenza dei rapporti sessuali, tanto più che, al contrario, non è stato rilevato alcun rapporto, né direttamente né inversamente proporzionale, tra l’attività sessuale e l’autonomia decisionale maschile. «Comprendere come la posizione di una donna nella casa influenzi la sua attività sessuale potrebbe essere un elemento importante in un'ottica di emancipazione femminile che salvaguardi anche i suoi diritti sessuali», ha commentato Carie Muntifering, co-autrice dello studio.