Sanihelp.it – «Queste pratiche indegne non hanno posto nella Repubblica. Perché essere se stessi non è un crimine, perché non c’è niente da curare», con queste parole affidate a Twitter lo scorso 25 gennaio Emmanuel Macron ha annunciato l’approvazione all’unanimità e in via definitiva, da parte del Parlamento francese, della legge che vieta le cosiddette terapie di conversione, quelle cioè che pretendono di curare, correggere, reprimere l’orientamento sessuale delle persone non eterosessuali.
Si parla di molteplici pratiche – che vanno dalle scosse elettriche agli ormoni, dagli esorcismi all’ipnosi per citarne alcune – scomparse dalle pratiche accettabili nel 1973, quando l’omosessualità è stata ufficialmente eliminata dal manuale diagnostico e terapeutico dei disturbi mentali (DSM). Sono ufficialmente respinte e condannate dall’ONU, oltre che già illegali negli Stati Uniti, Canada, Australia, Brasile e Taiwan; anche il Parlamento Europeo nel 2018 ha chiesto ai Paesi membri di vietarle, ma oltre alla Francia solo Germania e Malta le hanno già messe al bando, mentre sono allo studio norme analoghe in Belgio e Olanda.
Restano praticate in 80 Paesi in tutto il mondo: secondo una stima della Società Italiana di Andrologia (SIA) anche in Italia una persona su 10 ne è ancora vittima, in particolare giovani e adolescenti. «Queste pratiche con lo scopo di adeguare l’orientamento sessuale del soggetto a quello della maggioranza della popolazione, che siano più o meno invasive, producono tutte ingenti danni psicologici e fisici alle persone che ne sono vittime» spiegano Marco Capece, esperto chirurgo andrologo del Policlinico Federico II di Napoli e Michele Rizzo, tesoriere della SIA. «Si tratta di trattamenti eticamente inaccettabili, privi di qualsiasi fondamento scientifico, che la SIA condanna in ogni loro forma come violenze psicologiche e fisiche: per questo speriamo che anche l’Italia adotti una legge analoga a quella appena approvata all’unanimità dal Parlamento francese». La legge francese prevede pene fino a tre anni di reclusione e multe fino a 45.000 euro.
«Riteniamo imperativo tutelare il rispetto dell’identità di genere e crediamo essenziale aiutare ogni persona a vivere pienamente nel genere in cui si identifica: il genere non deve essere adeguato all’anatomia corporea, ma l’anatomia può e deve essere cambiata, se la persona lo desidera, per renderla concorde con il genere» aggiunge Alessandro Palmieri, presidente SIA e professore di Urologia alla Università Federico II sottolineando anche che «a causa della pandemia negli ultimi due anni gli interventi di conversione di genere hanno subito una battuta d’arresto: a fronte di un migliaio di richieste, soltanto un centinaio di pazienti hanno potuto sottoporsi all’operazione». E le liste di attesa, che già superano i due anni, si stanno allungando ulteriormente.