Sanihelp.it – «Nel nostro Paese la depressione maggiore colpisce 7,5 milioni di persone, il 12,5% della popolazione. Ma sono numeri sicuramente sottostimati. È la prima causa di disabilità, ma il difficile inquadramento del problema genera ancora molta confusione. Un periodo di tristezza momentaneo in seguito a delusioni, lutti o insuccessi personali non significa essere malati. La depressione può anche non avere cause apparenti. Riuscire a cogliere in tempo i primi sintomi permette di arrivare in anticipo alla diagnosi e quindi alla terapia più appropriata con maggiori probabilità di successo. Purtroppo una grande percentuale di pazienti non assume i trattamenti come dovrebbe. Di conseguenza l’efficacia ne risente», commenta il professor Emilio Sacchetti, Presidente della Società Italiana di Psichiatria (SIP).
In Italia, 7 pazienti depressi su 10 aspettano un anno prima di ricevere un trattamento farmacologico; di questi, solo il 40% risponde in maniera soddisfacente alla terapia e non presenta ricadute. In media, passano ventiquattro mesi prima che la diagnosi sia chiara. Un tempo purtroppo molto lungo, tanto che nel 47% dei casi il disturbo diventa cronico e porta così a un peggioramento significativo della qualità di vita.
Nella maggior parte dei pazienti un trattamento adeguato e un sostegno psicoterapeutico possono migliorare in maniera significativa la situazione. Purtroppo, oltre la metà dei pazienti avrà negli anni una ricaduta. E l’eventuale concomitanza di altre malattie croniche, tipiche negli anziani, peggiora ulteriormente la qualità della vita.
Commenta il dottor Antonio Gaudioso, Segretario Generale di Cittadinanzattiva: «Il tema della salute mentale è uno dei più delicati nell’ambito dell’assistenza sul territorio. In particolare, come emerge dai dati del nostro ultimo Rapporto PIT Salute, i cittadini ci comunicano che l’assistenza di pazienti con disturbi mentali pesa in maniera insostenibile sulle famiglie: le segnalazioni sono in crescita dal 16% del 2012 al 19,3% del 2013. Così come ci fanno notare che per una visita psichiatrica nel sistema pubblico sono necessarie anche lunghe attese. I pazienti hanno necessità in questo settore, più che in altri, di un sistema che garantisca sul territorio servizi accessibili e di qualità. Perché altrimenti il costo per le famiglie, anche psicologico, rischia di essere davvero troppo alto».
«In un’elevata percentuale di persone, per lo più superiore al 30-50%, il disturbo complica una malattia somatica, come cancro, problematiche cardio-cerebrovascolari e diabete – aggiunge il professor Riccardo Torta, Direttore dell’unità di psiconcologia della AOU S. G. Battista di Torino –. Il non trattamento di queste forme depressive, oltre a impattare la sfera emotiva e compromettere funzionamento e qualità di vita, amplifica la percezione dei sintomi (stanchezza, dolore, ecc.) e determina un peggioramento della prognosi. Peraltro gli antidepressivi, oltre a migliorare il tono dell’umore e a ridurre l’ansia, agiscono in modo positivo su svariati sintomi somatici, favorendo il recupero funzionale dei pazienti e riducendo l’impatto economico-sociale della patologia».
Un disturbo che interessa in particolare il sesso femminile, numerosi studi infatti hanno messo in luce come le donne corrano un rischio doppio di esserne colpite. L’esordio dei sintomi avviene nel 60% dei casi nell’adolescenza, con l’arrivo della pubertà e del menarca. «Possiamo certamente affermare che la malattia è sempre più rosa – conclude la dottoressa Francesca Merzagora, Presidente dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna (O.N.Da) –. Fattori genetici, alterazioni ormonali ed eventi negativi impattano pesantemente sul sesso femminile. Purtroppo, sono proprio le donne ad avere meno fiducia nei trattamenti farmacologici: addirittura il 54% ritiene che la patologia sia più difficile da curare rispetto al tumore del seno. Per questo abbiamo intrapreso da quattro anni un percorso istituzionale e sanitario, con i «Bollini rosa», per avvicinare le donne alle cure superando lo stigma sociale».