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Daniela Poggi racconta l’Alzheimer

Testimonianze

Sanihelp.it – Si chiama Io Madre di Mia Madre il monologo scritto da Daniela Poggi, con la regia Silvio Peroni, ispirato alle parole di Una morte dolcissima di Simone de Beauvoir e Mia madre e la mia bambina di Tahar Ben Jelloun, nel quale racconta anche la sua esperienza con la madre, ammalatasi di Alzheimer nel 2000 e che, dal 2005 fino a quando è venuta poi a mancare, nel 2010, ha convissuto con la figlia. «Volevo raccontare la storia di un amore, della dedizione verso una madre, partendo da due grandi autori nei quali ho ritrovato la mia storia, la mia vita di Madre di mia Madre» spiega Daniela.


La malattia ha infatti in un certo senso riavvicinato la Poggi alla mamma, con la quale non aveva avuto un rapporto idilliaco: «Mia madre da donna severa, austera, determinata anche rigida e intransigente, è diventata quasi mia figlia, e io che di figli non ne ho avuti e per questo ho sofferto molto, mi sono trovata a diventare mamma di una donna di quasi 89 anni» ci racconta. «Per me è stata una prova durissima, ma che mi ha arricchito in modo eccezionale, dandomi la possibilità di conoscere un amore che avevo dentro e quanto si può amare nonostante dall’altra parte ti sembra di non ricevere nulla, anche se ricordo la felicità dei suoi occhi quando provavamo il recital in casa».

Per Daniela è stata un’esperienza drammatica e piena di difficoltà, soprattutto all’inizio: «Le prime volte che mia madre non mi riconosceva più, che non ricordava il mio nome, che fossi sua figlia, che mi avesse partorito, il ritrovarmi in un certo senso senza radici, senza identità e vedere questa donna perdersi in capricci da bambini, urla, strilli, vedere le badanti che se ne andavano era molto drammatico: io da sola non sapevo come fare, urlavo, piangevo, pregavo» ci svela, sottolineando come proprio la fede l’abbia molto aiutata a superare i momenti più difficili.

Perché portare l’Alzheimer a teatro? «Non è un argomento facile e spesso non se ne parla, ma proprio per questo ho pensato che la cosa migliore fosse un recital che raccontasse temi forti, come la malattia, il dolore, l’anzianità, la morte, regalando al pubblico poesia e delicatezza» ci spiega proprio l’attrice e autrice. «E poi il teatro è il luogo ideale per trattare queste tematiche: permette di stare uniti in silenzio, di accogliere così quello che un attore ti sta regalando. In Tv non se ne può parlare allo stesso modo e il cinema è sempre molto mediato».

La sua è del resto un’esperienza in cui molti si rivedono, poiché l’Alzheimer colpisce nel nostro paese oltre 600 mila persone. E il messaggio per loro è quello, positivo, che la stessa Daniela ha tratto dalla sua personale vicissitudine: «Ho imparato è che l’unica medicina che può salvare sia te che curi il malato, sia il malato, è dare amore, perché ne ricevi tantissimo e ti dà la forza per andare avanti».

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