Sanihelp.it – Di solito non si dice l’età di una donna, ma quando gli anni sono portati splendidamente, può essere solo che un complimento. Ed è il caso di Josefa Idem, la canoista di origine tedesca naturalizzata italiana: a 48 anni si accinge a intraprendere l’ottava avventura olimpica a Londra 2012, unica atleta donna ad aver raggiunto questo ragguardevole primato.
Uno sport, il suo, non certo tra i più leggeri. Eppure lei, donna e mamma oltre che atleta, continua a gareggiare e ad altissimi livelli e svela: «In tutta la mia carriera, che dura da 35 anni, ho avuto solo tre infortuni seri, uno in pratica ogni 10 anni».
Come è possibile? «Forse duro così tanto nel tempo come atleta perché ho imparato ad ascoltare molto bene il mio fisico ed intervenire subito quando mi accorgo di qualcosa che non conosco» rivela la sportiva. E per intervenire opta spesso come prima scelta la medicina omeopatica: «Con l’omeopatia si interviene subito e si dà al corpo la possibilità, con un piccolo stimolo, di farcela con le proprie forze» spiega.
Ma se pensate che la propensione verso questa medicina alternativa derivi dalle origini teutoniche, avrete di che ricredervi. La Idem, infatti, ha conosciuto la medicina omeopatica nel 2000, quando era già atleta azzurra. «Ho avuto una bronchite: mi curavo con l’antibiotico e stavo bene dieci giorni. Ma poi ricominciavo: ho fatto 37 giorni di antibiotico! Mi vedevo come un contenitore di cadaveri di batteri!» racconta. «Ad aprile del 2000 ho avuto la fortuna di incontrare un medico che mi ha fatto fare per tre mesi una cura omeopatica disintossicante e immunostimolante e ho liberato i bronchi in maniera incredibile. Quell’anno ho vinto le Olimpiadi, nonostante avessi avuto sei mesi di preparazione compromessi».
Dietro i suoi successi c’è però una filosofia importante, che non cede al sacrificio fine a se stesso, purtroppo molto diffuso nello sport ad alti livelli: « Vedo intorno a me spesso atleti che continuano ad allenarsi anche quando non stanno bene, per poi intervenire in maniera forte. In gara chiedo a me stessa il 150%, ma in allenamento mi accontento del 95-105%, non si può sempre rendere al massimo. E non bisogna ignorare i segnali che il corpo e la mente ci danno». Parole sagge, quelle di Josefa, cui auguriamo l’ennesima splendida vittoria olimpica.