Sanihelp.it – Il tumore alla prostata, una volta operato, lascia complicanze come incontinenza urinaria e disfunzione erettile. Di questo si è parlato in una conferenza stampa realizzata da Fondazione Onda in collaborazione con Elma Research, con il contributo incondizionato di Boston Scientific, durante la quale si è cercato di comprendere quali siano le aspettative dei pazienti e i punti di vista degli urologi. Il tumore alla prostata è il più diffuso negli uomini, non solo In Italia, ma anche negli altri paesi occidentali, ed è oltretutto in forte crescita. I pazienti che hanno subito una prostatectomia, cioè l’asportazione totale della prostata, sviluppano una disfunzione erettile che viene trattata con i farmaci inibitori della fosfodiesterasi 5, come il tadalafil, a volte però senza successo. A questo si aggiungono spesso problemi di incontinenza urinaria. Ciò provoca non solo fastidio e a volte dolore, ma anche ansia e depressione. Tuttavia, buona parte dei pazienti che manifestano queste problematiche non sono sottoposti ad alcun trattamento, un po’ perché trovano difficoltà a parlarne con lo specialista, preferendo il medico di base, è un po’ perché cercano la soluzione online.
«In un’ottica di attenzione alle specificità di genere, Fondazione Onda si è già impegnata in questi anni ad affiancare il Bollino Rosa che promuove la messa a punto di percorsi in ottica di genere nelle strutture ospedaliere del territorio nazionale, con il Bollino Azzurro, riconoscimento rivolto alla salute maschile, dato agli ospedali che assicurano un approccio professionale e interdisciplinare nei percorsi diagnostici e terapeutici dedicati alle persone con tumore della prostata» spiega Francesca Merzagora, presidente della fondazione Onda «le problematiche funzionali legate al dopo tumore della prostata sono ancora oggi poco conosciute e considerate e solo alcuni centri ospedalieri specializzati hanno attivato percorsi dedicati con la possibilità di identificare le soluzioni terapeutiche più appropriate e all’avanguardia. Occorre promuovere la condivisione di buone pratiche cliniche e informare l’utenza delle realtà ospedaliere con migliore competenza e sensibilità nella gestione multidisciplinare di questa malattia».