Sanihelp.it – Si chiama brentuximab vedotin l’anticorpo monoclonale che, aggiunto alla chemioterapia composta da doxorubicina, vinblastina e dacarbazina, consente di migliorare la sopravvivenza globale riducendo del 41% il rischio di morte rispetto alla sola chemioterapia, nei pazienti con linfoma di Hodgking classico in stadio III/IV, non trattato in precedenza. Sono i risultati di uno studio chiamato ECHELON1, che sono stati presentati recentemente al Congresso annuale della European Hematology Association (EHA) e, poco tempo prima, al Congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO).
«Questo è il primo studio testa a testa a dimostrare un vantaggio di sopravvivenza globale del regime A+AVD rispetto alla chemioterapia standard nel linfoma di Hodgkin classico, e questo è un risultato significativo, molto importante», ha spiegato uno degli autori principali dello studio, Stephen Ansell, della Division of Hematology and Department of Internal Medicine della Mayo Clinic di Rochester, presentando i dati all’ASCO. «Sulla base di questi dati, la combinazione di brentuximab vedotin più la chemioterapia AVD dovrebbe essere considerata il trattamento di prima linea di scelta nei pazienti con linfoma di Hodgkin classico in stadio III-IV, non trattato in precedenza».
I decessi nel gruppo trattato con brentuximab vedotin sono stati decisamente meno numerosi rispetto al gruppo trattato con la chemioterapia standard, 39 contro 64.
Brentuximab vedotin è un anticorpo monoclonale prodotto mediante tecnologia del DNA ricombinante. Si tratta di un farmaco conosciuto da tempo e ampiamente studiato. Questa nuova terapia va a beneficio soprattutto delle persone anziane, in quanto si evita l’uso della bleomicina, un chemioterapico con una importante tossicità polmonare, ma anche dei più giovani nei quali l’uso di bleomicina è controindicato o sconsigliato.