Sanihelp.it – Sbarca a Genova per il secondo anno il Meeting Educazionale Post-ASH, patrocinato dalla Società Italiana di Ematologia e ispirato al più importante congresso mondiale di ematologia, quello dell’American Society of Hematology (ASH).
Alla manifestazione, cui partecipano alcuni tra i maggiori esperti italiani, si discutono i più importanti progressi emersi in questo ultimo anno nel trattamento delle malattie ematologiche, in particolare nel linfoma Non-Hodgkin (LNH) che, con 12.000 nuovi casi ogni anno in Italia, sarà tra vent’anni la neoplasia più diffusa a livello mondiale.
I farmaci biologici o target, come gli anticorpi monoclonali, rappresentano una svolta nella terapia, perché colpiscono con precisione solo le cellule malate senza danneggiare quelle sane.
Tra questi, rituximab si conferma lo standard terapeutico per il trattamento del LNH. Nuovi dati significativi sono stati riportati nella terapia di mantenimento del LNH follicolare indolente (cioè a sviluppo lento, 45% dei casi). In particolare, i risultati di follow-up a sei anni di uno studio condotto da un gruppo di esperti della Organizzazione Europea per la Ricerca e il Trattamento del Cancro hanno dimostrato che i pazienti con LNH follicolare indolente ricaduto che ricevono terapia di mantenimento con rituximab hanno una mediana di sopravvivenza libera da progressione della malattia tre volte superiore rispetto ai pazienti che non ricevono terapia di mantenimento con rituximab (3.7 anni vs. 1.3 anni).
Rituximab inoltre ha recentemente ricevuto parere positivo in Europa per il trattamento di prima linea della leucemia linfatica cronica. Nei Paesi occidentali l’Italia è al primo posto con 10-12 nuovi casi di leucemia all’anno ogni 100.000 abitanti. Dati significativi sono stati riportati da rituximab nel trattamento della LLC, la forma più comune di leucemia negli adulti, che rappresenta il 25-30% di tutte le leucemie.
Nei pazienti precedentemente non trattati, lo studio internazionale CLL-8 ha dimostrato che il tempo mediano trascorso fino al momento in cui si verifica una progressione di malattia è di 42.8 mesi nel gruppo trattato con rituximab più chemioterapia rispetto ai 32.3 mesi nel gruppo trattato con sola chemioterapia. Questo equivale a quasi un anno in più di libertà dalla malattia.
Per garantire il migliore trattamento del paziente è importante considerare le implicazioni spesso correlate alle terapie di prima linea. Un esempio significativo è l’anemia chemio-indotta che nel 50% dei casi non viene trattata. Per risolvere questa patologia è importante adottare terapie di supporto appropriate quali per esempio gli agenti stimolanti l’eritropoiesi, come l’eritropoietina beta. Questo tipo di approccio consente di migliorare il quadro generale del paziente e garantire l’adesione al trattamento farmacologico.