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Tumori: il medico di famiglia nel follow up

Sanihelp.it – Per il 73% dei pazienti con una diagnosi di tumore, la recidiva della malattia è una delle paure più comuni; ciononostante la visita di follow up viene vissuta in maniera positiva e solo nel meno del 20% dei casi è fonte di ansia. In occasione della VII Giornata nazionale del malato oncologico organizzata dalla FAVO (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) è stata presentata la prima indagine sull’organizzazione del follow up ed è emerso che la gestione ricade in prevalenza sugli oncologi, ma sarebbe auspicabile un maggiore coinvolgimento di altre figure professionali, a partire dai medici di famiglia.


«Il follow up – sottolinea il professor Stefano Cascinu, presidente AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) – ha un impatto fondamentale sulla qualità di vita e sulla riduzione della mortalità dei pazienti. È necessario creare strumenti operativi per realizzare una proficua collaborazione con altre figure professionali. Più del 90% degli oncologi afferma che il ruolo del medico di famiglia andrebbe valorizzato meglio».

Come funziona il follow up nel nostro Paese? Dopo una prima fase esclusivamente specialistica, è prevista una completa delega del paziente al medico di medicina generale. «Ma il tempo che intercorre tra i due momenti è variabile tra le diverse strutture (2-3, 5 o 10 anni) e non è trascurabile la percentuale di oncologi che dichiarano di mantenere in cura i pazienti per tutta la vita (55% nel caso delle neoplasie del seno e 30% di quelle del colon-retto). Il 35% dei pazienti riferisce di essere in follow up da più di 5 anni, a conferma che è diffusa, nelle oncologie italiane, la tendenza a proseguire indefinitamente questa pratica», spiega Cascinu.

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FonteAgi

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