Sanihelp.it – Non solo nei paesi occidentali. Anche in India e nel Sud Est Asiatico le patologie coronariche rappresentano la prima causa di morbilità e mortalità. Servono quindi interventi mirati che grazie a tecnologia e ricerca si fanno sempre più efficaci, puntuali e sicuri.
Come nel caso dei palloni medicati in grado di offrire una terapia combinata: da un lato meccanica legata alla dilazione del pallone che apre le arterie occluse, e dall’altro biologica assicurata dal rilascio del farmaco nelle pareti dei vasi. A parlarne è il professor Bernardo Cortese, Cardiologo Interventista di Milano, Presidente Comitato Scientifico Fondazione RIC, CEO DCB Academy
«Nella malattia coronarica le linee guida internazionali suggeriscono l’impiego degli stent» spiega il professor Cortese «che corrispondono ad un corpo estraneo impiantato nel paziente senza poterlo più rimuovere. Il problema è che gli stent determinano quella che è una vera e propria reazione di tipo allergico che comporta eventi avversi che si verificano negli anni successivi all’intervento. Un certo tasso di eventi avversi può verificarsi nel primo anno dopo l’intervento e anche nei successivi, in un range compreso tra il 2 e il 3,5% ogni anno per i successivi 10 anni dopo l’intervento». Le complicanze degli stent comportano eventi avversi che non finiscono mai compresi anche i rischi di trombosi dello stent che porta all’infarto, mentre con il pallone medicato, se impiegato in maniera adeguata, questo rischio non esiste.
«Quello che si vuole ottenere con i palloni medicati è di conquistare una quiescenza di questi eventi. Molti studi hanno dimostrato che, superati i primi 12-15 mesi dall’intervento, si va incontro ad un appiattimento della curva degli eventi avversi, perché questa metodica risulta molto più rispettosa nei confronti dell’arteria trattata e quindi che va a bloccare la proliferazione perché non vi è più nessun corpo estraneo impiantato» continua l’esperto.
Attualmente lo stent viene impiegato sia nei pazienti che vengono sottoposti ad angioplastica coronarica ma anche quelli sottoposti angioplastica periferica, ad esempio alle gambe o alle carotidi. «Dal 2007 esiste un'alternativa, ovvero il palloncino medicato che appunto rilascia un farmaco che si chiama Paclitaxel (questo è il nome del principio attivo); ha proprietà antiproliferative e fa quindi in modo che la placca -che noi andiamo a trattare durante l’angioplastica- non si riformi più» continua l’esperto. «Più recentemente è uscita una nuova tecnologia di pallone medicato a rilascio di Sirolimus con effetto antinfiammatorio e citostatico (quindi in grado di inibire la crescita e la moltiplicazione delle cellule) e quindi più rispettoso nei confronti della parete vasale» prosegue Cortese.
Come si procede dunque con questa tecnica? Viene dilatata la lesione con un pallone medicato e contestualmente viene rilasciato il farmaco che blocca le cellule e fa in modo che non si formino nuove placche e che il paziente non incorra in nuovi eventi ischemici.
Questo farmaco è stato sperimentato all’interno di uno studio denominato EASTBOURNE e pubblicato sull’autorevole rivista Journal of the American College of Cardiology Interventions a luglio 2023. Si tratta dello studio più grande attualmente esistente sull’utilizzo dei palloni medicati, che ha arruolato in Europa e Asia 2123 pazienti affetti da 2440 lesioni con malattia coronarica di ogni tipo, quindi pazienti con angina da sforzo, con infarto, con angina instabile; sono stati arruolati sia pazienti con ristenosi intra-stent (quindi fallimenti di precedente angioplastica con Stent) che pazienti con lesioni definite de novo ottenendo risultati clinici ottimali e soprattutto ove la sicurezza della tecnica ha reso molto promettenti questi studi, perché non portano a trombosi dell'arteria.
«Abbiamo pubblicato i risultati ad un anno di questo studio e abbiamo recentemente presentato i dati a due anni di follow up durante il congresso EuroPCR 2023. Le linee guida internazionali del 2018 non hanno ancora preso in considerazione i palloni medicati se non per il trattamento delle ristenosi dove hanno indicazioni in merito, ma nelle lesioni de novo che sono la maggior parte delle lesioni che noi trattiamo (circa 90-92%) non hanno ancora ottenuto indicazioni» precisa l’esperto.
«Con questo studio e con altre ricerche in corso, speriamo che i palloni medicati ottengano maggior credito anche sulle linee guida internazionali. Tra l'altro, i palloni medicati sono una delle principali alternative terapeutiche per la malattia dell’arteria femorale superficiale, responsabile della claudicatio intermittens (ovvero la deambulazione intermittente che assume un soggetto in seguito a un dolore crampiforme che in genere colpisce coscia o polpaccio a seguito di esercizio fisico) a discapito degli stent che invece hanno delle limitazioni abbastanza evidenti anche in quel settore» conclude Cortese.