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L’aspartame è sicuro?

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Sanihelp.it – È il dolcificante artificiale più utilizzato al mondo: si trova in quasi 6000 prodotti alimentari, dalle gomme da masticare alle bevande, dal dentifricio ai farmaci per bambini. Pur avendo la stessa quantità di calorie dello zucchero, infatti, il suo potere dolcificante è circa 200 volte maggiore, per cui ne bastano piccole quantità per addolcire i cibi.


La storia dell'aspartame comincia negli anni '60, quando fu scoperto casualmente durante la sperimentazione di un farmaco, ma l’autorizzazione alla sua commercializzazione da parte dell’Fda americana arrivò solo nel 1980: quell’anno si decretò che il prodotto era sicuro e poteva essere messo sul mercato. La dose giornaliera ammissibile fu fissata in 40 mg per chilo di peso.

Oggi, dopo 30 anni, l'Agenzia per la sicurezza alimentare dell'Unione europea (Efsa), su ordine della Commissione europea e a seguito della pressione di alcuni parlamentari e media stranieri, deve riaprire il dossier sull’aspartame. Il dubbio è che dietro il via libera alla diffusione di questo edulcorante si nascondano interessi di tipo commerciale e che in realtà il prodotto non sia così sicuro per la salute di grandi e piccini, se assunto in dosi eccessive.

In pratica, per superare i livelli massimi di assunzione quotidiana previsti dall'Efsa, un bambino di 30 chili dovrebbe ingerire: 4 lattine di bibite light a zero calorie, 2 yogurt, 2 merendine e 10 caramelle dolcificate con l'edulcorante. Per un adulto di 60 kg la quantità raddoppia. È obiettivamente difficile arrivare a dosi pericolose con una dieta normale.

Il problema è che attualmente non esiste l'obbligo per le aziende produttrici di indicare in etichetta le quantità di additivi, per cui il cittadino non è consapevole delle reali quantità di aspartame che ingerisce.

Nel 2005 uno studio condotto dalla Fondazione Europea Ramazzini di Bologna aveva dimostrato che l’aspartame somministrato ai ratti per tutta la vita è un agente cancerogeno potente. Un secondo esperimento, pubblicato dalla stessa fondazione due anni dopo, ha dimostrato che quando l'assunzione inizia dalla vita fetale, l’effetto cancerogeno aumenta.

Anche se i risultati di questi studi sono stati contestati dall’industria produttrice, e diversi organismi scientifici non li hanno ritenuti attendibili, la preoccupazione dei cittadini è crescente e l'istituto emiliano invita l'Efsa a rivedere le dosi massime consentite. Secondo l'ipotesi dei ricercatori bolognesi, basterebbero infatti tre lattine di bibite dietetiche per fare raggiungere a un bambino un livello elevato di edulcorante.


Secondo Alberto Mantovani, tossicologo dell'Istituto superiore di sanità incaricato di studiare il dossier, bisogna valutare l'effetto del metanolo che nell'organismo si trasforma in formaldeide, una sostanza classificata come altamente cancerogena. È la stessa sostanza messa sotto accusa dagli esperti del Ramazzini.

Il parere definitivo dell'Efsa è atteso per settembre. Nel frattempo, è utile ricordare che le linee guida dell'Istituto nazionale per la ricerca alimentare e la nutrizione (Inran) sconsigliano i dolcificanti ai bambini sotto i tre anni, alle donne in gravidanza e in allattamento. Secondo i nutrizionisti, inoltre, il ricorso a bibite e cibi a zero calorie non è un buon sistema per perdere peso: occorre piuttosto abituarsi a non zuccherare latte, tè e caffè e a riservare le bibite zuccherate alle occasioni speciali.

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