Sanihelp.it – L’allergia alimentare consiste in una vera e propria alterazione del sistema immunitario che erroneamente percepisce come una minaccia una sostanza normalmente innocua (allergene), scatenando le difese immunitarie dell’organismo e determinando la comparsa di sintomi come prurito, naso che cola, tosse o affanno.
A differenza dell’allergia, l’intolleranza alimentare si manifesta quando il corpo non riesce a digerire correttamente un alimento o un componente alimentare, coinvolgendo quindi il metabolismo e non il sistema immunitario.
Gli ultimi dati forniti dall’Istituto Superiore della Sanità riferiscono di un aumento di incidenza delle intolleranze nella popolazione italiana: secondo il rapporto infatti, il 7-8% dei bambini e il 2% della popolazione adulta soffrirebbe di reazioni avverse ad uno o più cibi, responsabili di sintomi come dolori addominali, crampi, diarrea e vomito.
Nonostante solo un terzo delle intolleranze sia effettivamente diagnosticato dal Test di Provocazione Orale (TPO), un esame che consiste nella somministrazione controllata di un alimento con la finalità di verificare la presenza di un’intolleranza o allergia nel soggetto, almeno una persona su tre ritiene di essere intollerante a qualche alimento.
Se l'insorgenza di questo disturbo appare legata a molteplici cause di varia natura (problemi intestinali, infezioni, cause ambientali), pochi giorni fa un comunicato stampa di Mason&Partners riporta l'intervento della PsicoPedagogista Edi Salvadori che propone un nuovo punto di vista.
«Nella mia esperienza professionale – spiega la dottoressa Salvadori – mi sono accorta che le intolleranze alimentari nascono, essenzialmente, dalla nostra incapacità di ascoltarci, di ascoltare i nostri desideri più profondi, di dare fiducia alla saggezza antica del nostro corpo».
La singolare ipotesi proposta dall'esperta, scardina totalmente la concezione fisiologica di questo disturbo e parte invece da un assunto secondo cui dietro al rifiuto di un particolare cibo, si nasconderebbe un’emozione non elaborata e quindi somatizzata.
Ecco quindi quali sarebbero, secondo la PsicoPedagogista, le corrispondenza tra alcune delle più comuni intolleranze e il relativo disturbo emotivo:
– la mela rappresenta il senso di colpa, una correlazione che nasce dalla simbologia che associa questo frutto al peccato. Chi è intollerante a questo alimento solitamente si sente in colpa perché scarica sulle persone più intime e vicina la sua rabbia inespressa, che si manifesta con atteggiamenti arroganti ed egoistici;
– il latte è associato al legame con la figura materna e l’intolleranza a questo alimento potrebbe essere legato alla presenza di una madre ansiosa o, al contrario, all'assenza di questa figura;
– l’intolleranza al glutine esprime invece la difficoltà ed il timore di rimanere invischiato in una rete di relazioni stabili. Solitamente i soggetti che sviluppano questa intolleranza hanno vissuto all'interno di contesti familiari dove non è stato facile rivendicare la propria individualità;
– il prezzemolo è connesso alla difficoltà di porsi dei limiti e l'incapacità di metabolizzarlo sarebbe presente soprattutto in quelle persone particolarmente disponibili e gentili che si caricano dei problemi altrui lasciandosi invadere continuamente;
– la carne è associata ad uno stile di vita frenetico e caotico, e il suo rifiuto può simboleggiare l’incapacità di stare fermi: «l'azione ci impedisce di pensare, di ascoltare il disagio che c'è dentro di noi – spiega la Salvadori – Quando il corpo non regge più questo meccanismo, emerge un forte stato di stress e di stanchezza, anche come conseguenza di un sovraccarico energetico del fegato. Questa intolleranza può essere l'espressione di persone che non si concedono nemmeno il tempo per nutrirsi, proprio perché la carne necessita di tempi più lunghi per la masticazione e l'assimilazione»;
– l’intolleranza al cioccolato e alla caffeina sono invece sintomatiche di una vita sessuale vissuta come senso del dovere e non del piacere, ed infatti sono comuni tra le persone che hanno un grande senso del dovere e sono particolarmente rigide con sè stesse.
Secondo la dottoressa Salvadori, alla rimozione del blocco emotivo corrisponderebbe la scomparsa del sintomo e quindi dell’intolleranza, anche se non disponendo di incontestabili prove scientifiche a sostegno della sua tesi, non resta che concludere con un provare per credere.