Sanihelp.it – «Ho 55 anni. La stipsi mi affligge da anni e le ho provate davvero tutte. Ho saputo che il mio problema può essere secondario a un prolasso genitale e che esiste un nuovo intervento chirurgico che potrebbe risolvere il mio problema. A chi devo rivolgermi?» Franca.
Risponde il dottor Angelo Stuto, responsabile di Chirurgia colo-rettale e del pavimento pelvico e della U.O.S di degenza breve presso l’Azienda ospedaliera S. Maria degli Angeli di Pordenone e presidente della SIUCP, Società Italiana Unitaria di Colonproctologia.
È stato assodato che al prolasso dell’utero molto frequentemente si associa un grado variabile di prolasso del retto, che causa stitichezza, e un prolasso della vescica (cistocele), spesso causa principale di molti disturbi urinari.
Per diagnosticare il prolasso del retto e delle strutture del pavimento pelvico (vescica, utero-vagina) è necessario eseguire un esame specifico, la perineocografia, che purtroppo quasi mai viene eseguita quando viene diagnosticato il solo prolasso genitale.
Si tratta di un esame radiologico dinamico a elevata specializzazione che permette di verificare le eventuali cause anatomiche della stipsi, in particolare l’ostruzione meccanica dovuta al prolasso vaginale oppure a quello rettale.
Si attua introducendo liquido di contrasto nel retto, nella vagina e nella vescica: questa soluzione viene immessa dall’esterno attraverso un sondino. Grazie alla soluzione di contrasto radiologico, gli organi del pavimento pelvico si opacizzano. Successivamente viene eseguito un film durante la defecazione per individuare le alterazioni o le ostruzioni. La durata di questo esame è di circa 20 minuti.
Finora le donne con prolasso genitale sono state operate con tecniche che correggono il prolasso dell’utero e della vagina ma non correggono il prolasso rettale, anzi, questi interventi a volte aggravano o determinano la stipsi e dopo qualche anno un alto numero di pazienti va incontro a incontinenza urinaria e frequenti cistiti.
Da qualche anno è disponibile una tecnica, che si chiama POPS, Pelvic Organ Prolapse Suspension, che consente di risolvere contemporaneamente la discesa di vagina, vescica e retto. È stata messa a punto dal professor Antonio Longo, direttore del Centro del pavimento pelvico dell’Ospedale St. Elizabeth di Vienna.
La POPS prevede l’inserimento di una benda di sospensione a livello sottoperitoneale con un approccio laparoscopico (tre accessi di meno di un centimetro ciascuno). In pratica questa benda viene ancorata alla vagina e fissata ai muscoli laterali dell’addome. In questo modo l’utero viene quasi sempre conservato e riposizionato in alto, nella sua sede anatomica.
Così può continuare a svolgere la funzione fisiologica di barriera tra retto e vescica, evitando l’espansione della stessa vescica e la compressione del retto che danno luogo all’incontinenza urinaria e a gravi forme di stipsi.
Al tempo stesso la conservazione dell’utero evita tutti i disturbi psicologici della sfera sessuale che possono verificarsi in caso di asportazione dell’organo. In questo modo, con un unico intervento, è possibile risolvere contemporaneamente gli scivolamenti verso il basso di tutti gli organi del bacino.
La durata della POPS è di 40-45 minuti, la degenza di 2-3 giorni e la convalescenza assai breve in quanto è una procedura chirurgica che non prevede sezione e/o asportazione di organi o tessuti. Il dolore post-operatorio è minimo e molto facilmente controllabile. Dai primi dati a nostra disposizione, le recidive sono in media del 2%.
Questi risultati si riferiscono a una casistica operatoria di 400 casi eseguiti dal 2000 al 2009, con un controllo a distanza fino a otto anni. Le pazienti operate sono donne di tutte le età, a partire dai 22 anni fino a oltre gli 85.
La procedura è attualmente disponibile in cinque centri: Monza, Pordenone, Montecchio Emilia, Roma e Palermo. I cittadini possono telefonare al Numero Verde 800.77.66.62 per avere informazioni sul centro piu’ vicino, oppure visitare il sito www.antoniolongo.it.