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Alzheimer: scoperto il sistema con cui si formano le placche

Sanihelp.it – Tra tutte le patologie che possono colpire un individuo durante il corso della sua esistenza, il morbo d'Alzheimer risulta sicuramente tra le più subdole. Tale malattia neurodegenerativa, infatti, riesce a portarsi via lentamente le capacità cognitive degli uomini più brillanti, rendendoli nell'arco del decorso completamente privi di autosufficienza: per i loro familiari si tratta di un lungo calvario, che vede la persona cara spegnersi in maniera irreversibile, senza che alcuna delle terapie preposte possa fermare il declino. Al più si può rendere la discesa maggiormente dolce: ma di certo non si tratta di una grande consolazione per una delle patologie più invalidanti non solo per il paziente che ne soffre, ma anche per i suoi cari.


Nonostante si conoscano da tempo i fattori di rischio che contribuiscono all'insorgere dell'Alzheimer, tra cui si possono annoverare mancanza di esercizio fisico e mentale, obesità, diabete, fumo, depressione e ipertensione arteriosa, finora la comunità scientifica non aveva ancora compreso il meccanismo dietro al quale si cela lo sviluppo di una tale malattia. Ancora una volta, nel campo della ricerca, un team italiano si è saputo distinguere, scoprendo per la prima volta come si crea nel nostro organismo questo particolare tipo di demenza.

Gli scienziati dell'Istituto Europeo per la Ricerca sul Cervello, fondato da Rita Levi Montalcini, hanno condotto infatti di recente uno studio su animali che ha portato a risultati sorprendenti, pubblicati sulla rivista specializzata Nature Communications. I dati raccolti dallo studio hanno contribuito ad individuare il luogo dove si formano le molecole tossiche che contribuiscono alla morte delle cellule cerebrali: tali molecole, composte da pochi frammenti di DNA, formano la beta-amiloide, proteina che dà luogo alla creazione delle placche tipiche dell'Alzheimer.

Conoscere finalmente il meccanismo dietro alla formazione di queste placche può dar luogo ad una terapia preventiva, efficace e sperimentale, mirata a bloccarne sul nascere la produzione. Si tratterebbe di concepire una sonda molecolare in grado di colpire tali molecole tossiche: degli anticorpi, o proiettili magici come sono stati definiti volgarmente, che vadano ad agire all'interno delle cellule di modo da prevenire la formazione di queste placche. Si tratterebbe di un'arma rivoluzionaria in mano alla scienza, che potrebbe così finalmente dare un giro di vite per quel che concerne il trattamento di una patologia che, secondo stime ufficiali, andrebbe a colpire ben 106 milioni di persone entro il 2050.  

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