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SLA: messo a punto un test per la diagnosi precoce

Sanihelp.it – Ultimamente è diventata virale, su internet, l'iniziativa dell'ice bucket challenge: per quei pochi che ancora non avessero idea di ciò che significhi, si tratta di celebrità che si lanciano addosso secchiate di acqua ghiacciata, veri e propri gavettoni di cubetti gelidi. Questi vip, prima di lanciarsi nell'impresa, nominano a loro volta altre persone famose, sfidandole a fare lo stesso. Ovviamente non si tratta di follia collettiva, sebbene ad una prima occhiata possa effettivamente sembrarlo: al contrario, è un'iniziativa benefica che in particolare i calciatori hanno deciso di sostenere a favore della ricerca di una terapia che possa trovare rimedio alla sclerosi laterale amiotrofica, meglio conosciuta con l'acronimo di SLA, patologia tristemente conosciuta soprattutto nel mondo del pallone, laddove sembra abbia un'incidenza maggiore che nel resto della popolazione.


Sono già tanti infatti i giocatori rimasti vittima di questa terribile malattia: da Gianluca Signorini, capitano del Genoa anni '90, a Stefano Borgonovo, centravanti della Fiorentina di Roberto Baggio; da Giorgio Rognoni, difensore tra gli altri di Milan e Cesena, ad Armando Segato, primo calciatore a cui è stato diagnosticato il morbo di Gehrig. L'elenco è impressionante ed illustre, tanto che secondo una statistica recente pare che l'incidenza su chi gravita nel mondo del pallone sia dell'11% maggiore che del resto della popolazione. Dato sospetto o triste coincidenza? Ancora non si sa dare una risposta a questa domanda. Ma di cosa si tratta di preciso?

La sclerosi laterale amiotrofica è una patologia neurodegenerativa che colpisce i motoneuroni, con conseguenze la perdita progressiva ed irreversibile della deglutizione, della capacità di parola e del controllo dei muscoli, fino ad arrivare ad una totale paralisi. L'atrofia dei muscoli respiratori, in particolare, causa la necessita di respirazione assistita tramite tracheotomia: in genere questo porta al decesso, sebbene pur in condizioni di disabilità estrema il paziente può sopravvivere anche per vent'anni. Nonostante non vi sia attualmente una cura per la SLA, la terapia farmacologica comprende tra le altre cose sostanze a base di glutammato, per ridurre il danno ai motoneuroni; di resveratrolo, principio attivo dell'uva rossa, che pare possa proteggere i neuroni dal danno ossidativo; e di litio, che secondo alcuni studi rallenta il decorso della patologia.

Ciò nonostante, la ricerca continua i suoi sforzi per cercare una cura che possa porre rimedio a questo terribile morbo. Uno studio dell'Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma e pubblicato sulla rivista specializzata Neurology, ha portato alla scoperta di un metodo diagnostico per la identificazione precoce della malattia che pare possieda un'accuratezza del 95%: cosa che rappresenterebbe un'autentica rivoluzione per quel che concerne la cura tempestiva della SLA, con conseguente rallentamento del decorso di una malattia che finora necessitava di un lungo periodo di osservazione per essere diagnosticata correttamente.

Utilizzando il metodo Fdg-Pet, che attraverso un mezzo di contrasto radioattivo permette di valutare il metabolismo di una certa regione dell'organismo, si possono individuare le zone del cervello che presentano ipocaptazione o ipercaptazione tipiche di colui che soffre di morbo di Gehrig. Il test, messo a punto su circa 195 pazienti malati di SLA confrontandone il sistema nervoso con quello di 40 soggetti sani, permette una diagnosi precoce con un'attendibilità che arriva sino al 95%. La conseguenza è quella di poter intervenire in maniera precoce con la terapia, che come detto al momento non è risolutiva ma permette di rallentare il decorso della patologia e migliorare la qualità di vita del malato.  

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