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La pressione arteriosa aumenta in alta quota

Lo dimostra uno studio italiano

Sanihelp.it – La ridotta disponibilità di ossigeno in alta quota causa un aumento progressivo della pressione arteriosa nelle 24 ore. Il lavoro, condotto sul Monte Everest, è stato pubblicato online sullo European Heart Journal


Nel corso dello studio è stata monitorata la pressione arteriosa in condizioni dinamiche per 24 ore a diverse altitudini. La ricerca ha coinvolto un gruppo di volontari sani che in genere vivono, lavorano e svolgono attività sportive a livello mare, con lo scopo di indagare gli effetti sulla pressione arteriosa e sulla funzione cardiorespiratoria generati da un’esposizione acuta e prolungata alla ridotta disponibilità di ossigeno in alta quota

Durante la spedizione, la pressione arteriosa è stata misurata ogni mattina. I valori di pressione sono stati monitorati anche utilizzando un dispositivo in grado di misurarla ogni 15-20 minuti durante l’intero arco della giornata, fornendo i dati per il «monitoraggio dinamico della pressione», un metodo molto più accurato della misurazione tradizionale per valutare il reale livello pressorio. Con questo metodo è anche possibile misurare la pressione arteriosa notturna, che è normalmente inferiore del 10-20% rispetto ai valori diurni, permettendo di valutare meglio la prognosi rispetto ad altri parametri pressori. La mancata riduzione della pressione durante le ore notturne, nonostante lo stato di sonno, può essere un segno di alterazioni nella regolazione della funzione dei vasi sanguigni e del cuore.
 I volontari hanno ricevuto, casualmente, un placebo o un farmaco comunemente utilizzato in clinica per la terapia dell’ipertensione arteriosa (telmisartan 80mg). I risultati mostrano come sia nei soggetti randomizzati al trattamento con farmaco attivo, sia in quelli randomizzati a placebo, la pressione aumenti in maniera significativa in quota rispetto ai valori iniziali, soprattutto nelle ore notturne, e come l’efficacia del farmaco sia tale fino a 3400 metri, mentre non lo sia più alla quota di 5400 metri, cioè all’altezza del Campo Base dell’Everest. A quota 5400 metri si verifica un aumento di 14 mmHg nel valore medio della pressione arteriosa sistolica delle 24 ore e di 10 mmHg nella pressione diastolica.Gianfranco Parati, coordinatore del progetto, professore ordinario di Malattie dell’Apparato Cardiovascolare dell’Università di Milano-Bicocca e Direttore del Laboratorio di Ricerche Cardiologiche dell’Istituto Auxologico Italiano, spiega: «Il nostro studio fornisce la prima dimostrazione sistematica che con l’aumentare della quota aumenta progressivamente e marcatamente la pressione arteriosa. Questo incremento avviene immediatamente al raggiungimento dell’alta quota, perdura durante l’esposizione prolungata all’alta quota ed è evidente durante tutto l’arco delle 24 ore, ma con un incremento maggiore nelle ore notturne, con conseguente attenuazione della fisiologica caduta notturna della pressione. La pressione si normalizza una volta ritornati al livello del mare. Inoltre, l’aumento della pressione sistolica al Campo Base dell’Everest è stato maggiore in persone di età superiore ai 50 anni rispetto ai soggetti più giovani».«Questi dati possono avere implicazioni utili per la cura di pazienti con malattie croniche associate a uno stato di ipossia, quali lo scompenso cardiaco (ove si osserva una periodica interruzione del respiro), la riacutizzazione della broncopneumopatia cronica ostruttiva, le apnee ostruttive nel sonno o l’obesità di grado severo. Messe insieme, queste condizioni si riscontrano in più di seicento milioni di persone nel mondo, il che rende i nostri risultati molto significativi dal punto di vista clinico. L’aumento di pressione osservato può essere attribuito a diversi fattori, tra i quali il più importante sembra l’attivazione del sistema nervoso simpatico, determinato dalla ridotta disponibilità di ossigeno. Tale fenomeno fa si che il cuore venga sottoposto a un carico maggiore di lavoro e che i vasi sanguigni si costringano.

I nostri risultati ci permetteranno di istruire i pazienti con problemi cardiovascolari sulle precauzioni necessarie in caso di esposizione all’alta quota per motivi lavorativi o ludici. Inoltre il nostro studio sottolinea l’importanza del monitoraggio dinamico ambulatorio della pressione nella caratterizzazione dei livelli pressori nelle condizioni di vita reale; questo dato sembra particolarmente rilevante in condizioni di ipossia, i cui effetti possono essere molto più evidenti durate le attività quotidiane che non a riposo», conclude Parati.

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