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Coronavirus: i rischi per i malati di sclerosi sistemica

Sanihelp.it – Nonostante la sclerosi sistemica, malattia rara autoimmune, colpisca anche i polmoni, organi maggiormente coinvolti nella sindrome respiratoria grave provocata da Covid-19, coloro che ne sono affetti non sembrano essere più esposti al rischio di contrarre il virus o di sviluppare una sintomatologia più grave rispetto alla popolazione sana, secondo quanto emerso da un'analisi dell’ASST Gaetano Pini-CTO di Milano.


La sclerosi sistemica è una patologia rara che colpisce prevalentemente le donne, molte delle quali giovani, su cui la ricerca ha fatto molti passi avanti, anche se non è stata ancora individuata la causa della malattia.

Per la caratteristiche della malattia e dato che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stabilito che chi è in terapia immunosoppressiva e ha patologie polmonari è potenzialmente a maggior rischio contagio rispetto alla popolazione sana, i malati di sclerosi sistemica sono stati tra i più controllati dal team di Reumatologia dell’ASST Gaetano Pini-CTO.

Da quanto riscontrato dagli specialisti della struttura milanese, la prevalenza di contagi nei malati sclerodermici non è stata maggiore rispetto alla popolazione generale. Disponendo di un’ampia casistica di malati, gli specialisti stanno raccogliendo tutti i dati epidemiologici per comprendere se ci sono dei fattori di rischio per i malati sclerodermici rispetto al Coronavirus.

La terapia per questa patologia rara è strettamente legata alle manifestazioni cliniche e si avvale da un lato di farmaci in grado di migliorare il microcircolo (vasodilatatori) e dall’altro di farmaci immunosoppressori allo scopo di inibire l’iperattività del sistema immunitario. Più recentemente sono stati pubblicati studi relativi a farmaci in grado di bloccare l’evoluzione verso la fibrosi.

I farmaci immunosoppressori, in particolare, sono stati messi sotto esame, soprattutto nella prima fase della pandemia ma, come sostengono i ricercatori dell’ASST Gaetano Pini-CTO, non vi sono allo stato attuale indicazioni rispetto alla sospensione di tali farmaci (come per esempio il cortisone o il tocilizumab) utilizzati nel trattamento delle patologie autoimmuni di interesse reumatologico.

Dai dati sino a ora a disposizione l’uso di tali farmaci non è associato a una maggiore incidenza di infezione da Covid-19 e/o a una maggiore gravità dell’infezione. Un’eventuale ripresa di malattia legata alla sospensione dei farmaci potrebbe invece rappresentare un serio problema, concludono gli esperti.


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