Sanihelp.it – Pallottole d’argento dirette contro il mal di testa che non passa, capaci di mettere il silenziatore alle terribili crisi in cui il dolore è tale da non permettere neppure di alzarsi dal letto: sono gli anticorpi monoclonali contro CGRP, da tempo allo studio contro emicrania e cefalea a grappolo e ora sempre più vicini alla clinica grazie alle ricerche condotte presso il Centro Cefalee dell’Università Vanvitelli di Napoli.
I dati preliminari delle nuove sperimentazioni cliniche mostrano che con un’iniezione di anticorpi a cadenza variabile da uno a 3 mesi, a seconda della molecola, la frequenza e l’intensità degli attacchi di mal di testa può ridursi fino al 70%. Il Centro sta conducendo una sperimentazione per 3 dei 4 anticorpi anti-CGRP attualmente allo studio, utilizzati in casi di emicrania cronica, emicrania episodica grave che non risponde ai farmaci, cefalea a grappolo cronica e cefalea a grappolo farmaco-resistente.
Gli anticorpi monoclonali anti-CGRP o Calcitonin Gene Related Peptide sono allo studio da tempo: si è scoperto che questo piccolo peptide di 37 aminoacidi è un vasodilatatore coinvolto nella trasmissione dei segnali di dolore durante gli attacchi di emicrania. I livelli di CGRP aumentano in concomitanza delle crisi e tornano alla normalità quando l’attacco si risolve: gli studi hanno dimostrato che anticorpi monoclonali diretti contro il peptide o contro i suoi recettori presenti sul sistema trigeminale, bloccano questa via del dolore impedendo a CGRP di innescare la crisi dolorosa.
In questo momento sono allo studio 4 diversi anticorpi monoclonali, 3 di questi sono in sperimentazione con risultati ottimi: uno di questi anticorpi riduce in media del 70 % la frequenza e l’intensità degli attacchi di emicrania cronica con una sola iniezione sottocute ogni mese. Si tratta di erenumab: il dossier per l’autorizzazione al commercio è già stato presentato presso la European Medicines Agency. Gli altri 2 anticorpi monoclonali in sperimentazione a Napoli sono eptinezumab, che si somministra per via endovenosa ogni 3 mesi, e fremanezumab, da assumere ogni mese per via endovenosa o sottocute.
Sono destinati a coloro che riportano attacchi di emicrania per oltre 14 giorni al mese o hanno un’emicrania episodica che non risponde alle terapie preventive, oppure di individui con cefalea a grappolo cronica, la cosiddetta cefalea da suicidio perché le crisi si susseguono di fatto ogni giorno, oppure con cefalea a grappolo episodica resistente ai farmaci.
Essendo agli albori di questo nuovo approccio farmacologico, non è ancora possibile sapere se questi farmaci diventeranno una terapia di prima linea o una terapia di fase avanzata per quelle forme di cefalea refrattarie ai più comuni trattamenti. In ogni caso rappresentano una fonte di speranza in questa lotta spesso difficile contro l’emicrania, che solo nel nostro Paese colpisce 5 milioni di italiani, pari al 18% della popolazione femminile e al 9% di quella maschile. La speranza è che possano diventare un’arma in più anche contro la cefalea a grappolo, meno frequente e più diffusa fra gli uomini rispetto alle donne.