Sanihelp.it – Solo il 30% degli italiani tra i 40 e i 75 anni può vantare di avere ancora tutti i denti naturali. Gli altri, meno fortunati, sono circa 19 milioni e, in 1 caso su 4, hanno perso almeno 8 denti. Ciononostante, il 27% non è intervenuto per ripristinare gli elementi mancanti. È il quadro che emerge da una ricerca commissionata a Doxa dall’Accademia Italiana di Odontoiatria Protesica.
Al 70% degli intervistati manca almeno un dente: in media, i 40-44enni ne hanno persi 4 e i 65-75enni 10. Proprio nel segmento più agé si riscontra la situazione più critica, con un numero medio di denti naturali residui inferiore a 20. Per il 77% perdere i denti è un evento molto traumatico, soprattutto se riguarda quelli anteriori. Più sensibili al tema le donne, i soggetti più scolarizzati, i 45-64enni e i residenti al Nord Italia. Molteplici le conseguenze, di carattere fisico ma anche psicologico: difficoltà di masticazione (33%), senso di vergogna (23%), problemi digestivi (22%), tendenza all’isolamento (15%), minore autostima e difficoltà nel parlare (9%), disturbi mentali e cognitivi (6%).
Benché 1 intervistato su 2 consideri la perdita dei denti qualcosa di ineluttabile, legato all’invecchiamento, alla domanda specifica sulle possibilità di prevenzione il 91% si dice convinto che il fenomeno si possa evitare, ma i comportamenti adottati sono poco in linea con questo scopo: il 20% ritiene sufficienti, infatti, un’attenta igiene orale e sani stili di vita, senza doversi sottoporre a periodiche visite di controllo; 1 su 6 non va dal dentista da oltre un anno e il 30% vi si reca solo se ha una criticità da risolvere.
Complice una prevenzione non adeguata, restano al massimo 20 denti naturali al 43% dei soggetti tra i 65 e i 75 anni, al 25% dei 55-64enni ma anche al 13% dei 40-54enni. Il 15% degli over 65 ne è del tutto privo. Un risultato che vede l’Italia in ritardo rispetto agli obiettivi OMS: l’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, consapevole dello stretto rapporto tra capacità masticatoria e qualità di vita, si è riproposta di ridurre entro il 2020 il numero di pazienti edentuli e aumentare la percentuale di 80enni con almeno 20 denti naturali residui.
Oltre un quarto dei soggetti (27%) che hanno sperimentato la perdita di elementi dentari non si è rivolto al dentista per reintegrarli con una protesi. Di questi, metà rivela di non averne sentito la necessità, ma anche gli aspetti economici (28%) e il timore di provare dolore (17%) sembrano aver influito.
Facendo una proporzione in base ai dati rilevati nel sondaggio, 5 milioni di italiani fra i 40 e i 75 anni hanno deciso di non reintegrare i denti mancanti. Nel gruppo dei 65-75enni, un terzo del campione ha perso oltre 10 denti, con serie ripercussioni sulla funzione masticatoria.
Oggi sappiamo che l’atto masticatorio favorisce l’afflusso di sangue al cervello e agisce positivamente su memoria, apprendimento e stato di veglia. Una masticazione ridotta, invece, costituisce un fattore di rischio epidemiologico per lo sviluppo di deficit cognitivi, demenza e sindromi depressive.
Per la maggioranza del campione – soprattutto le donne, i soggetti più scolarizzati e under 54 – anche la componente estetica ha rilevanza. In presenza di elementi dentari sani ma brutti, infatti, secondo il 55% degli interpellati è necessario intervenire, mentre il 18% prenderebbe in considerazione questa ipotesi solo per i denti anteriori.
Le protesi più diffuse tra chi ha scelto di rimpiazzare i denti mancanti sono i ponti (42%) e gli impianti (38%); scheletrati (13%) e dentiere (8%) si riscontrano in particolare negli anziani. La quasi totalità dei malati (99%) ha preferito rivolgersi a un professionista in Italia. Il grado di soddisfazione è elevato, sia per il lavoro del dentista (molto soddisfatti 64%) sia per la soluzione protesicautilizzata (molto soddisfatti 60%), che mediamente dura da 11 anni.