Sanihelp.it – Il calo del desiderio è una condizione che colpisce non solo la popolazione maschile, ma anche quella femminile: la colpa viene spesso attribuita all'abitudine dello stare assieme, che introduce un minimo di noia in un rapporto che, durante i primi mesi, risulta sovente travolgente e bollente. Ciò nonostante, l'argomento non si esaurisce qui: non tutta la responsabilità è da addossare alla routine. Posso esistere infatti ragioni di cui noi rimaniamo all'oscuro, e che vanno ad iscriversi nel complicato equilibrio chimico sul quale si fonda il nostro organismo.
Secondo uno studio condotto dai ricercatori della University of Rochester School of Medicine, presentato durante la conferenza annuale dell'American Society for Reproductive Medicine tenutasi ad Honolulu, l'esposizione al cloruro di polivinile, o PVC, potrebbe rappresentare una spiegazione del calo della libido. Nonostante l'apparente astrusità del nome, non risulta difficile entrare in contatto col PVC e con gli ftalati usati per ammorbidirlo: si tratta infatti del tipo di plastica maggiormente versatile, tra la più utilizzata in commercio per produrre, ad esempio, tendine della doccia e le confezioni dei cibi industriali.
Gli scienziati sono giunti ad un tale risultato monitorando i livelli di ftalati nelle urine di 360 donne incinta di età compresa tra i 20 e i 30 anni: le ragazze che presentavano una quantità maggiore di questa sostanza avevano una probabilità superiore di perdere interesse nei confronti del sesso, rispetto a coloro le quali presentavano valori più bassi. Ovviamente, gli stessi ricercatori hanno tenuto a precisare che la libido dipende da diversi fattori e può essere influenzata da numerose variabili quale fumo, alcol, farmaci o stress: ciò nonostante la correlazione risultava innegabile.
Vale la pena in questa sede accennare brevemente a cosa siano gli ftalati e come mai si considera i plausibili responsabili di questo effetto negativo. Sono composti chimici che hanno conosciuto una notevole diffusione dagli anni '50 in poi, proprio grazie all'immissione sul mercato del PVC: vengono applicati come agente plastificante, in grado di migliorare la flessibilità e la malleabilità di un composto.
Già dal 2003 esistono prove scientifiche del fatto che gli ftalati possano essere pericolosi per la salute dell'uomo: alcuni studi hanno evidenziato la capacità di questa sostanza di produrre effetti analoghi a quelli degli ormoni estrogeni, provocando disturbi nello sviluppo dei genitali e nella maturazione dei testicoli nei neonati di sesso maschile. Inoltre, ulteriori sperimentazioni hanno suggerito che gli ftalati possano coadiuvare lo sviluppo di patologie quali diabete e asma, oltre a produrre danni a fegato, reni e polmoni: sebbene non esistano prove sufficienti della pericolosità di questi composti chimici, a cui siamo esposti quotidianamente essendo praticamente onnipresenti, il consiglio è quello di evitare per quanto possibile cibi industriali confezionati, privilegiando alimenti freschi.