Sanihelp.it – Il morbo d'Alzheimer è la forma di demenza senile maggiormente comune nella terza età: il processo degenerativo che impone sulle capacità cognitive di chi ne è soggetto è sfortunatamente irreversibile, nonostante i tanti studi scientifici condotti, anche perché non c'è ancora unità di vedute riguardo le cause che scatenano questo disturbo né, conseguentemente, la possibile cura. Tuttavia, se diagnosticato in tempo, si tratta di una patologia il cui decorso può essere almeno rallentato: il problema è che anche riconoscerla con un certo anticipo non è sempre facile, perché solitamente si ritiene piuttosto comune un certo decadimento di funzioni legate ad esempio alla memoria, alla capacità percettiva, al linguaggio mano a mano che il tempo passa.
Uno studio recente avrebbe però individuato una spia per riscontrare la probabilità di soffrire di morbo d'Alzheimer, di modo da iniziare i trattamenti in maniera talmente tempestiva da rendere il declino cognitivo un processo molto più controllato. Durante il IX Convegno dell'International Society of Neurovascular Diseases, o ISNVD, tenutosi recentemente a Ferrara, è emerso infatti come la pulsatilità dei vasi del collo, sia arteriosi che venosi, potrebbe rappresentare un criterio fondamentale per individuare con anni di anticipo le persone a rischio di tale malattia neurodegenerativa. L'importanza del drenaggio cerebrale e, quindi, del corretto funzionamento delle vene extracraniche, sembrerebbe infatti centrale per una serie di disturbi: non solo l'Alzheimer ma anche sclerosi multipla, ictus, cefalea intrattabile.
Si tratta di una nuova scoperta che restituisce speranza a tutti coloro che soffrono di queste terribili patologie. I dati mostrati nel corso del medesimo convegno sono infatti invero piuttosto preoccupanti: senza un intervento radicale e nuove scoperte rivoluzionarie, entro il 2050 potrebbero essere ben 131 milioni i malati di Alzheimer nel mondo.