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Mutilazioni genitali, l’unione fa la forza

Pratiche fuori legge, ma ancora eseguite, anche in Italia

Sanihelp.it – Le mutilazioni genitali sono una pratica della cultura tradizionale di molte aree del mondo. E, anche se sembrano lontanissime da noi, costituiscono una realtà anche italiana, perché pure nel nostro Paese vivono bambine e ragazze che corrono il rischio di essere sottoposte a questo trattamento e perché ci vivono donne che tuttora ne pagano le conseguenze. E sognano di recuperare benessere e funzionalità.


Come affrontare questi casi e come evitare che si verifichino è stato uno dei temi dibattuti nel corso del 68° Congresso Nazionale della Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva-rigenerativa ed Estetica SICPRE, che si è da poco concluso a Palermo. Informare e sensibilizzare: è importante per prevenire. Creare e diffondere tra i medici un percorso di cura standardizzato e di alta qualità è fondamentale per dare alle donne che hanno subito questa pratica la miglior ricostruzione possibile. Il tema non è facile, ma è di grande rilevanza civile e di grande valore umano, anche per i grandi numeri che coinvolge.

I numeri delle mutilazioni genitali secondo l'OMS

«I dati dell'OMS – dice Stefania de Fazio, referente della Sezione Mutilazioni Genitali Femminili (MGF), nata all'interno del Capitolo di Chirurgia Genitale Femminile e Maschile della SICPRE – parlano di 100 -140 milioni di donne nel mondo che hanno subito questa pratica. E 2 milioni di bambine e ragazze ogni anno corrono il rischio di essere sottoposte a mutilazioni di diverso grado, ma sempre lesive dei loro diritti, dell'integrità fisica e che costituiscono una seria minaccia per la salute psico-fisica».

Presenti nella tradizione di diverse aree del mondo (anche se quasi ovunque vietate) le mutilazioni genitali vengono eseguite dall'Indonesia all'Africa, ma anche in alcune enclave del Sud America. Diversa la tempistica e la modalità in cui vengono eseguite. Per quanto riguarda il primo aspetto, si va dalle prime settimane di vita, all'infanzia, per arrivare alla pubertà. Sul fronte della modalità, si distinguono mutilazioni di tipo 1 (asportazione del clitoride), 2 (asportazione del clitoride e delle piccole labbra, o riduzione delle stesse) e 3 (quando si aggiunge il restringimento dell'introito vaginale, la cosiddetta infibulazione). Anche per i metodi rudimentali in cui solitamente avvengono, le mutilazioni genitali femminili sono spesso causa di gravi infezioni (possono anche portare alla morte) e di un'alterazione psichica temporanea o permanente, legata al trauma vissuto e ai disagi conseguenti.

La lotta alle mutilazioni, un impegno che coinvolge diverse specialità

«Come associazione umana e scientifica non possiamo restare a guardare ma siamo in prima fila per combattere questo fenomeno», dice Adriana Cordova, presidente del Congresso di Palermo. Un compito di cui i chirurghi plastici prendono su di sé il ruolo principale e di coordinamento, anche in considerazione di una pura constatazione anatomica. »Le mutilazioni genitali femminili riguardano l'area vulvare, di pertinenza dei chirurghi plastici in quanto massimi esperti dei tessuti molli – dice ancora de Fazio -. Ovviamente, date le implicazioni urologiche e ginecologiche, immaginiamo protocolli di cura multidisciplinari, che appunto coinvolgano anche questi specialisti. Redigere queste linee guida multidisciplinari è il nostro prossimo obiettivo, in modo da dare ai medici algoritmi di cura e trattamento con cui affrontare queste problematiche non ancora codificate».


La battaglia in difesa delle donne va combattuta il più possibile insieme.

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