Sanihelp.it – Una nuova molecola porta a una riduzione dei sintomi motori tipici della malattia di Parkinson e a un recupero biochimico e funzionale dei neuroni dopaminergici (dati ottenuti in vivo). L'hanno testata ricercatori dell’Università degli Studi di Milano, in uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Scientific Reports.
La struttura chimica di questa molecola, un oligosaccaride, non presenta fattori critici sul profilo di tossicità ed è in grado di attraversare la barriera ematoencefalica rimanendo invariata. Agisce a livello della superficie cellulare attivando una serie di segnali che permettono di contrastare le cause del morbo di Parkinson.
A differenza delle forme familiari dove l’alterazione di uno o più specifici geni causano l’insorgenza della malattia, per la forma sporadica di Parkinson non sono ancora disponibili teorie in grado di spiegare la sua complessa eziologia.
Recenti evidenze sperimentali hanno individuato nei gangliosidi (lipidi che compongono la membrana cellulare e sono abbondanti nel sistema nervoso) dei potenziali iniziatori della malattia di Parkinson. Questo riguarda soprattutto i livelli di ganglioside GM1, il quale va incontro a un progressiva riduzione dovuta all’invecchiamento e/o a fattori che gradualmente compromettono molteplici funzioni neuronali. In particolare, si ipotizza che la riduzione di GM1 a livello della membrana neuronale in malati parkinsoniani possa dare inizio al processo neurodegenerativo.
Dal 2017 i ricercatori dell’Università Statale di Milano stanno studiando i meccanismi molecolari alla base dell’insorgenza della malattia di Parkinson dovuta alla riduzione del GM1. I loro studi in vitro hanno suggerito che la catena oligosaccaridica del GM1, OligoGM1, potesse giocare un ruolo chiave, ma questa è la prima volta che l’oligosaccaride del GM1 viene proposto come molecola bioattiva in grado di influenzare e modulare lo stato cellulare fisiologico e di schermare quello patologico.
Attualmente, non è disponibile una cura per la malattia di Parkinson. Circa 6 milioni di persone ne soffrono e l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che le persone affette saranno oltre i 14 milioni nel mondo entro il 2040. L’aver individuato una molecola in grado di agire in maniera positiva è di fondamentale importanza: la somministrazione sistemica di OligoGM1 può rappresentare una nuova promessa terapeutica anche per altre patologie neurodegenerative come l’Alzheimer.