Sanihelp.it – Le creme a schermo totale sono quelle che proteggono meno: per questo non esisteranno più. In compenso, arrivano i costumi da bagno che proteggono dal sole e, a sorpresa, contrordine e via libera dei dermatologi all’uso delle lampade per prepararsi al sole. Sono queste alcune delle più importanti novità su protezione solare e salute della pelle che arrivano dal 4° Congresso Nazionale di Dermatologia e Venereologia che si è tenuto a maggio a Napoli.
La prima riguarda la protezione cosiddetta a schermo totale. D’ora in poi i prodotti che riportano la dicitura schermo totale o protezione totale saranno fuori legge: lo ha stabilito l’Emea, perché i fattori di protezione contenuti nelle creme solari non possono creare una vera e propria barriera contro tutti gli effetti prodotti dal sole, soprattutto quelli nocivi, quindi l’indicazione totale è errata e ingannevole.
«Non esiste nessuna crema in grado di eliminare tutti i raggi ultravioletti -spiega Torello Lotti, professore Ordinario di Dermatologia dell’Università degli Studi di Firenze- L’uso di creme solari a protezione totale finora ha generato nelle persone la diffusa ed errata certezza di essere completamente protetto. Invece questo tipo di crema protegge solo dal rossore, dall’eritema che si sviluppa a seguito di una scottatura, ma non da tutti quei danni molto più gravi che rappresentano il maggior fattore di rischio per il cancro e l’invecchiamento della pelle».
Nella scelta del prodotto occorre anche ricordare che la quantità che viene applicata sulla pelle è in media molto più bassa (anche il 50%) di quella utilizzata in laboratorio per il calcolo dell’SPF, per cui è buona regola utilizzare sempre prodotti più protettivi rispetto a quanto necessario, applicandone in abbondante quantità e rinnovando spesso l’applicazione. La misura giusta è due milligrammi per cm quadrato di pelle.
Tra le altre novità in arrivo c’è la protezione con indumenti: numerose industrie stanno lavorando alla realizzazione di costumi di bagno che sembrano dei veri e propri burka, cioè delle tonache lunghe che, pur riparando dai rischi del sole, consentono ugualmente di abbronzarsi.
Infine, un no secco alla demonizzazione delle lampade. «Ci sono lampade e lampade- precisa il professor Lotti. –E se fatte sotto controllo del dermatologo, possono consentire alla pelle di arrivare preparata all’incontro con il sole, riducendone gli effetti nocivi. È la metodica dell’Hardening, cioè dell’indurirsi: render forte la pelle per esser pronta a resistere agli effetti del sole.
Non dimentichiamo che proprio grazie all’utilizzo di particolare lampade riusciamo a curare importanti patologie come la psoriasi, la dermatite atopica e forme gravi di ettiosi. In questo caso l’uso delle lampade non solo non fa male, ma è addirittura auspicabile».