Sanihelp.it – L’ippoterapia, o equitazione a scopo terapeutico, ha origine empiriche antiche perché il cavallo, con le sue straordinarie doti di sensibilità, di adattamento e di intelligenza, è ritenuto da sempre straordinaria medicina.
L’uso dell’equitazione a scopo terapeutico ha avuto dunque inizio già nell’opera di Ippocrate di Coo (460-370 a.C.), che consigliava lunghe cavalcate per combattere l’ansia e l’insonnia.
Alla fine della prima guerra mondiale il cavallo è entrato nei programmi di riabilitazione, inizialmente in Scandinavia e in Inghilterra, poi in numerosi altri paesi.
L’ ippoterapia, detta Terapia con il Mezzo del Cavallo (TMC), è stata introdotta in Italia nel 1975 dalla dottoressa belga Danièle Nicolas Citterio, che ha contribuito all’uso terapeutico del cavallo attraverso l’opera dell’Associazione Nazionale Italiana per la Riabilitazione Equestre (ANIRE).
L’ippoterapia agisce grazie all’interazione uomo-cavallo a livello neuro-motorio e a livello neuro-psicologico. L’International Therapeutic Riding Congress di Amburgo del 1982 ha definito tre diverse fasi o metodologie d’intervento terapeutico all’interno della riabilitazione equestre:
1. Ippoterapia propriamente detta
Costituisce l’approccio iniziale al cavallo e al suo ambiente, si svolge quindi prima a terra e successivamente sull’animale accompagnato da un istruttore. È riservata dunque a disabili incapaci di mantenere la posizione in sella e di condurre il cavallo in modo autonomo.
2. Rieducazione equestre
Vede il cavaliere impegnato nella conduzione attiva del cavallo, sotto il controllo del terapista, e mira a raggiungere quegli obiettivi tecnico-riabilitativi specifici secondo il programma terapeutico prestabilito per quel paziente.
3. Equitazione sportiva per disabili
Rappresenta il raggiungimento di una notevole autonomia del soggetto, con possibilità di svolgere normale attività di scuderia e di equitazione, a volte agonistica.
Ma perché la terapia a cavallo funziona così bene? Innanzitutto perché il cavallo si muove alle varie andature con movimenti ritmici e per questo prevedibili, ai quali perciò è più facile adattarsi con le compensazioni del corpo. In secondo luogo, il cavallo è estremamente sensibile al linguaggio del corpo inteso come gestualità e, essendo un animale altamente sociale, è comunque molto recettivo verso tutti i tipi di comunicazione. Inoltre, il cavallo è facilmente addestrabile, è in grado di generare sentimenti ed emozioni intense e possiede tutte le qualità – calore, morbidezza, odore, movimenti regolari, grandi occhi con sguardo intenso – necessarie a stimolare un processo di attaccamento e a stabilire contatti fisici» intimi». Questo permette di essere gratificati, sia dall’offrire cure, carezze e massaggi, sia dal ricevere come risposta ai nostri comportamenti manifestazioni di piacere da parte dell’animale.
Infine, l’ippoterapia è molto utile perché per andare a cavallo, alle varie andature, si impegnano numerosi gruppi muscolari e si coinvolgono vari campi della psicofisiologia e della psicomotricità, senza contare che le stimolazioni visuo-spaziali fornite dal particolare ambiente del maneggio sollecitano un’attenzione visiva finalizzata, facilitando così l’acquisizione della dimensione dello spazio. Anche a livello tattile si ottiene una stimolazione intensa, sia con il contatto corpo a corpocon un animale di grandi dimensioni, sia con l’esplorazione fatta da terra delle varie parti del cavallo che aiutano la presa di coscienza e la conoscenza di sé e del proprio corpo. Non dimentichiamo che il cavallo è un essere che esprime emozioni proprie come la paura in cui ci si può riconoscere e dove si può assumere un ruolo rassicurante; allo stesso tempo, montare a cavallo, cioè su un animale grande e potente, offre sensazioni di protezione, di autostima e fiducia in se stessi