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Chikungunya: la malattia che «ti piega»

Sanihelp.it – Il termine è davvero impronunciabile: chikungunya, in swahili, significa ciò che curva o contorce, e fu impiegato per la prima volta durante un’epidemia in Tanzania nel 1952, per indicare i sintomi che accompagnano il disturbo, in particolare le limitazioni articolari dovute alle importanti artralgie che caratterizzano la malattia: il paziente assume una posizione curva, è ripiegato su se stesso.


Nel gennaio 2006 si è registrata un’epidemia nell’isola di Reunion, nell’Oceano Indiano.

L’agente eziologico è il virus Chikungunya (CHIK), della famiglia delle Togaviridae, del genere degli Alphavirus. Altri Alphavirus patogeni noti sono quelli dell’ encefalite equina dell’Est, dell’encefalite equina dell’Ovest e dell’encefalite equina venezuelana.

Il virus è tipico di alcune località turistiche molto popolari e popolate: Africa, isole dell’Oceano Indiano e Sud Est asiatico, fino alle Filippine e all’Indonesia. Il virus nelle epidemie urbane è trasmesso dalle zanzare Aedes Aegypti, la stessa che trasmette la febbre gialla e la dengue, e da varie specie del genere Culex. Nell’epidemie silvestri africane è trasmesso da Aedes Africanus e da specie del genere Mansonia.

Il periodo di incubazione è di 2-4 giorni circa. La malattia ha un andamento tipicamente bifasico.

Nella prima fase, che dura dai 6 ai 10 giorni, si hanno febbre, cefalea e importanti artralgie, che limitano molto i movimenti: i pazienti tendono a rimanere assolutamente immobili, in posizione antalgica. La febbre si risolve dopo 4 giorni.

La seconda fase di 2-3 giorni è caratterizzata dalla comparsa di un esantema maculopapulare pruriginoso su tutto il corpo e dalla ricomparsa della febbre. Occasionalmente in questa fase possono aversi manifestazioni neurologiche, soprattutto nei bimbi piccoli (convulsioni), ma nel complesso CHIK è poco o per nulla neurotropo.


La patologia ha una andamento benigno: raramente possono aversi miocardite e scompenso cardiaco acuto. Le rare complicanze emorragiche si registrano nelle epidemie asiatiche, ma non sono mai gravi come nella dengue: possono comparire petecchie, ma mai importanti sanguinamenti. La malattia si risolve spontaneamente, ma i dolori articolari possono persistere per mesi.

La diagnosi è sospettata sulla base dell’anamnesi: malattia febbrile e artralgie in pazienti di ritorno da Africa o da Asia in concomitanza di un’epidemia.

La malattia è autolimitantesi. La mortalità è bassa (0.4%), ma è maggiore nei bimbi di meno di 1 anno di età (2.8%) e aumenta negli anziani con altre patologie concomitanti. La terapia è sintomatica e si basa sul controllo delle artralgie. È possibile prevenirla usando specifici repellenti cutanei. Esiste un vaccino da virus inattivato, ma è riservato al personale di laboratorio.

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