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Ipercolesterolemia: la necessità della personalizzazione

Sanihelp.it – Secondo gli ultimi dati dell’Italian Health Examination Survey esiste una prevalenza di ipercolesterolemia superiore al 25% maggiore nelle donne rispetto agli uomini -, mentre la percentuale di individui che dichiara di essere ipercolesterolemico è pari al 18,3% secondo i dati dell’Osservatorio Passi, evidenziando una limitata consapevolezza del fenomeno.


Quasi 1 italiano su 2 non ritiene il colesterolo LDL dannoso per la salute e 1 italiano su 3 ritiene che il rischio di mortalità legato all’ipercolesterolemia debba preoccupare solo chi ha problemi cardiaci pregressi.

A questo dato va aggiunto che i pazienti ipercolesterolemici rientrano di default tra i soggetti caratterizzati da un livello di rischio cardiometabolico medio-alto che secondo una recente analisi di TEHA rappresentano il 50,1% della popolazione in età lavorativa (40-69 anni).

L’ipercolesterolemia è una patologia rilevante anche da un punto di vista economico, generando sul SSN costi sanitari diretti per circa 1,14 miliardi di euro.

Di questa problematica così pressante si è ampiamente discusso durante un evento svoltosi di recente e realizzato in collaborazione con Meridiano Cardio, la piattaforma di TEHA Group focalizzata sulle malattie cardiovascolari, la Società Italiana di Cardiologia (SIC) e la Società Italiana di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica – Medicina di Laboratorio (SIBioC).

Gestire in modo efficace i livelli di colesterolo LDL non è solo una questione di salute, ma anche di sostenibilità economica.

Ogni anno, il costo dell’assistenza per un paziente con ipercolesterolemia non controllata varia tra 4.200 e 5.000 euro, mentre per chi raggiunge i livelli terapeutici raccomandati si aggira intorno ai 2.900 euro.


Circa il 60% di questa spesa è legato ai ricoveri per complicanze ed eventi cardiovascolari evitabili.

Inoltre, gli eventi successivi al primo risultano ancora più onerosi (+7,1%), principalmente a causa delle ri-ospedalizzazioni.

In aggiunta, con riferimento ai pazienti in prevenzione secondaria – che hanno già subito un evento

cardiovascolare, più dell’80% dei pazienti ancora non raggiunge il target di colesterolo LDL (inferiore a 55mg/dL) previsto dalle più recenti linee guida EAS/ESC.

L’aderenza alle terapie ipolipemizzanti rimane un nodo critico: solo il 44% dei pazienti segue correttamente il trattamento, con una tendenza decrescente con l’età.

Eppure, una maggiore aderenza si traduce in una riduzione fino al 38% dei costi complessivi, grazie alla prevenzione di eventi cardiovascolari maggiori come ictus e infarto.

Non esiste un livello di colesterolo LDL target uguale per tutti

Secondo le più recenti evidenze scientifiche, una riduzione anche modesta dei livelli di colesterolo LDL, ottenuta attraverso una diagnosi tempestiva e un trattamento mirato, può tradursi in una significativa riduzione del rischio di infarto miocardico e morte cardiovascolare.

Il problema attuale, spesso sottovalutato, è che molti referti riportano ancora »valori di riferimento» standardizzati sulla media della popolazione, e non i valori decisionali legati al rischio cardiovascolare individuale.

Questo approccio può risultare fuorviante: un valore »nella norma» per il laboratorio può essere, in realtà, critico per un paziente ad alto rischio.

In alcuni casi, ciò ha portato alla sospensione inappropriata di terapie ipolipemizzanti o alla sottovalutazione di condizioni gravi come l’ipercolesterolemia familiare.

In questo contesto SIC e SIBioC propongono un nuovo approccio in linea con le nuove linee guida europee (ESC/EAS) per adeguare il sistema di refertazione e fornire al clinico e al paziente un quadro chiaro, leggibile e integrato dei valori lipidici.

Il Documento congiunto SIC–SIBioC propone una refertazione integrata con:

– La segnalazione automatica di valori critici (come C-LDL >190 mg/dL o trigliceridi> 890 mg/dL)

quali quelli indicativi di ipercolesterolemia familiare o rischio di pancreatite;

– L’introduzione di parametri aggiuntivi (colesterolo non-HDL, remnants, Lp(a), Apo B) per una

valutazione più fine del rischio, in linea con le nuove raccomandazioni scientifiche;

– L’integrazione nei referti dei valori target di colesterolo LDL specifici per ciascuna categoria di

rischio cardiovascolare;

– La possibilità di effettuare il profilo lipidico senza digiuno, facilitando così l'accesso agli esami con

screening diffusi anche in contesti non ospedalieri

A conclusione dell’evento Pasquale Perrone Filardi – Presidente della Società Italiana di Cardiologia – SIC ha tenuto a precisare: «Occorre far capire ai cittadini e ai pazienti che non esiste un valore di colesterolo LDL che vada bene per tutti: il livello target dipende dal profilo di rischio cardiovascolare di ciascun paziente: più alto è il rischio, più basso dovrà essere il valore da raggiungere per ridurre la probabilità di eventi cardiovascolari. Per questo motivo è sbagliato che molti referti di analisi riportano ancora valori di riferimento basati sulla media della popolazione, senza considerare il rischio cardiovascolare del singolo paziente, quando invece è fondamentale adottare un approccio personalizzato, basato sulle caratteristiche cliniche di ogni individuo. In questo contesto nasce anche il documento congiunto SIC-SIBioC che contiene una proposta di adeguamento del sistema di refertazione». 

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