Sanihelp.it – Chi ha scarsa manualità ha spesso difficoltà anche nel realizzare le ricette di cucina più semplici.
La cottura di un uovo, tuttavia, sembra proprio alla portata di tutti.
Non è proprio così come invita a riflettere uno studio recente condotto presso l’Università Federico II di Napoli.
Questo lavoro di ricerca pubblicato sulla rivista Communications Engineering racconta di come i ricercatori del FoamLab, il laboratorio per le schiume della Federico II, in seno al Dipartimento di Ingegneria Chimica, dei Materiali e della Produzione Industriale abbiano imposto due temperature diverse nelle due diverse parti dell'uovo, senza però aprirne il guscio. L'uovo, infatti, è un sistema naturalmente bifasico: il tuorlo e l'albume, che lo costituiscono, sono due materiali completamente diversi.
Il primo è ricco in proteine, grassi, nutrienti e cuoce ad una temperatura più bassa (65°C), il secondo è costituito per lo più da acqua e proteine e cuoce a una temperatura più alta (85°C).
Questo semplice fatto determina una altrettanto semplice conseguenza: cuocendo a una temperatura costante, non possiamo avere contemporaneamente un tuorlo e un albume ottimi: nell'uovo sodo, cotto a 100C, abbiamo un albume perfettamente solido, ma un tuorlo farinoso; nell'uovo sous vide, cotto a 65°C, abbiamo un tuorlo oltremodo cremoso, ma un albume liquido. Ecco perchè prendendo spunto da ricerche precedenti, i ricercatori hanno trovato il modo di cuocere l’uovo in maniera ottimale ovvero imponendo una condizione al contorno periodica nel problema di trasporto di energia e contemporanea gelazione che ben descrive il fenomeno della cottura.
La modellazione matematica del problema e la sua conseguente simulazione hanno consentito di progettare nei minimi dettagli la nuova procedura di cottura: per consentire lo sviluppo di un profilo termico non banale all'interno dell'uovo, questo va inserito dapprima in acqua bollente per due minuti, poi in acqua a 30°C per ulteriori due minuti, e così via, in maniera alternata, per 8 volte, per un totale di 32 minuti.
Il nuovo metodo prende il nome di "cottura periodica" e non solo riesce nell'impresa di cuocere a due temperature diverse, dando alle due fasi le rispettive texture ottimali, ma si distingue anche per l'incredibile capacità di preservare nutrienti all'interno del tuorlo, specie se confrontata con le altre, più comuni, tecniche di cottura. Il progetto, che ha visto impegnati specialisti in diversi settori, dall'analisi nutraceutica, condotta dal gruppo del professore Antonio Randazzo del Dipartimento di Farmacia, all'analisi sensoriale, passando per l'ingegneria dei materiali, è un perfetto esercizio scientifico: insegna qualcosa sul mondo che ci circonda, ma è anche fonte di idee nuove, fresche, innovative.
La possibilità di applicare questo stesso approccio nella progettazione di materiali che non abbiano "strati di texture", ma "strati di morfologie e proprietà" è ciò che si propone adesso il FoamLab, nella speranza di riuscire nell'impresa di progettare un mondo più riciclabile e sostenibile.