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La professione infermieristica

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La formazione

Da una decina d’anni la professione di infermiere richiede una formazione universitaria di base, che si traduce nel Corso di Laurea in Infermieristica, della durata di tre anni.

L’organizzazione del corso si basa sull’intreccio tra la formazione accademica classica (18 esami più due corsi di inglese) e la formazione clinica: lo studio teorico di materie come chimica e anatomia è affiancato fin dai primi mesi di corso a esperienze pratiche di tirocinio negli ospedali e nelle aziende territoriali, in modo da affinare gli aspetti relazionali e attitudinali necessari per la conduzione del rapporto con pazienti e familiari.

L’infermiere è, infatti, una professione che richiede una propensione agli aspetti sociali e umanistici, ma non va confusa con quella che un tempo era ritenuta una vocazione quasi religiosa: si tratta di una professione a tutti gli effetti, che richiede conoscenze scientifiche e competenze specifiche. Per questo il percorso formativo ideale per accedere a questo corso di Laurea è il liceo scientifico o il liceo sociopsicopedagogico, cui si affiancano anche alcuni istituti tecnici.

La professione


L’infermiere è una professione antica, diffusa già nel medioevo (deriva dal latino infirmus); tuttavia delle caratteristiche di allora conserva solo il nome e l’antica propensione solidaristica, mentre oggi più che mai dimostra la volontà di affermarsi come un’attività nuova e moderna.

L’assistenza infermieristica, elemento indispensabile di ogni sistema sanitario, ha infatti sviluppato un approccio caratteristico basato sulla volontà di rispondere ai bisogni assistenziali del malato in modo completo e indipendente, come ormai è riconosciuto anche dalla legge italiana, che dichiara gli infermieri responsabili in prima persona di queste prestazioni sanitarie.

Ne deriva una nuova autonomia rispetto al medico, e una nuova attenzione alla pianificazione dell’assistenza infermieristica, dalla presa in carico globale dei bisogni del paziente, all’esecuzione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche, all’organizzazione e alla supervisione del personale di supporto (ausiliari e operatori socio-sanitari).

Chi ottiene la laurea in infermieristica, insomma, è ben lontano dall’immagine tradizionale del fac totum che si occupa anche dei compiti più pesanti, e molto più vicino a quella di dirigente di casi clinici, in grado di comprendere e supportare le necessità cliniche dei pazienti anche da un punto di vista psicologico e socio-culturale.

Non dimentichiamo infatti che l’infermiere è la prima interfaccia tra utenti e organizzazione sanitaria, ed è l’operatore sanitario che mantiene più a lungo un contatto diretto con l’ammalato.

Le prospettive per il futuro

La professione di infermiere presenta due innegabili vantaggi: una copertura occupazionale post-laurea del 100%, con possibilità di operare sia negli ospedali che nelle strutture sanitarie territoriali o a domicilio, e l’abilitazione ad accedere a tutti i settori della medicina contemporanea in Italia e in Europa, dalla pediatria alla geriatria, dal soccorso in emergenza (118) alla psichiatria, dall’ortopedia alla sala operatoria.

In oltre ci sono ampie possibilità di corsi di specializzazione, ad esempio in area critica, in geriatria, in pediatria, in psichiatria e in salute pubblica.

Altre interessanti prospettive di carriera sono i master annuali e le lauree specialistiche, attivate in molte università già dal prossimo anno accademico, che offriranno la possibilità di dirigere i servizi infermieristici, di insegnare o di fare ricerca.

Tutti questi aspetti giustificano la presenza di un trend positivo nei confronti di questa professione, che sta prendendo piede anche nel più restio nord Italia grazie alla diffusione di un’immagine nuova e positiva.

Dal 1999-2000, anno accademico in cui si è completato il passaggio della formazione infermieristica in ambito esclusivamente universitario, i dati della Federazione Nazionale Collegi Ipasvi dimostrano che i posti assegnati ai corsi universitari sono passati dai 7.205 ai 12.331 dell’anno accademico 2003/2004, con un incremento pari al 121,1%.

Anche il grado di copertura dei posti assegnati, attualmente pari all’84,4%, sta mostrando una crescita annua continua del 2% circa.

Da notare, infine, una crescita del 26,8% della percentuale di maschi tra le immatricolazioni.

Gli aspetti umani

La professione infermieristica richiede un percorso formativo impegnativo, ma è ricca di soddisfazioni professionali e umane.

Il rapporto diretto con il paziente è sempre in primo piano: è all’infermiere che il malato può rivolgersi in ogni occasione per i piccoli e grandi problemi che accompagnano il ricovero ospedaliero o la convalescenza a domicilio.

Ma quella che da un paziente viene percepita come bontà e umanità richiede invece seri studi scientifici, a livello sia bio-medico che ermeneutico, per sviluppare la capacità di interpretare sentimenti e bisogni che cambiano da caso a caso.

Si tratta di uno sforzo scientifico di analisi e interpretazione delle richieste, che oltre alla psicologia necessita ormai anche di studi di antropologia culturale per i pazienti di culture ed etnie diverse dalla nostra.

Non si può trascurare, poi, lo stress psicologico legato a questa professione, soprattutto quando si lavora in unità operative ad alta mortalità come quelli geriatrici o di malattie infettive, oppure per i servizi di primo soccorso.

In questi casi, per evitare i condizionamenti psicologici di ritorno chiamati effetto burn out, è fondamentale costruire durante la formazione universitaria un equilibrio personale che permetta a ogni infermiere di capire i propri limiti e di controllare un coinvolgimento eccessivo nel rapporto con il paziente.

Per rielaborare correttamente il vissuto personale degli operatori nelle unità operative più difficili, poi, viene spesso offerto al personale infermieristico un supporto psicologico specifico, e si tende a valorizzare il più possibile il confronto di gruppo, anche con le altre figure professionali con cui si collabora.

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