Sanihelp.it – In Estremo Oriente la divinazione è stata praticata sin dal Neolitico, parallelamente all’elaborazione del sistema cosmogonico cinese e delle sue applicazioni, soprattutto nel campo delle medicina. Quest’ultima ha dimostrato efficacia ed é rimasta immutata da millenni.
I divinatori utilizzavano scapole di bovini o corazze di tartaruga (animale considerato saggio, dotato d’eccezionale longevità, dunque capace di buoni consigli), scavati in precedenza in punti precisi. Dopo avere posto una domanda a un antenato del re, essi introducevano in una delle cavità un bastoncino incandescente. L’interpretazione delle fenditure o dei disegni (jiaguwen, antenati dell’I-Ching) prodottisi per azione del calore, consentiva di predire l’avvenire.
Le prime tracce ritrovate nella Cina settentrionale risalgono al IV millennio a.C. durante la dinastia Shang (1500-1030 a.C.): a servizio del re c’erano in permanenza dei divinatori, che consentivano di stabilire la politica e la gestione del potere, o di sapere se la caccia sarebbe stata buona, o ancora se la prossima eclissi avrebbe avuto effetti favorevoli o sfavorevoli.
Le domande venivano incise sulla corazza delle tartarughe o sull’osso di bovini, per esempio, sotto forma positiva da un lato, negativa dell’altro; ne sono stati trovati alcuni con caratteri tanto minuti da far pensare che si trattasse di archivi segreti.
Fino ad oggi sono state contate oltre 100.000 iscrizioni oracolari. Gli jiaguwen attirarono l’attenzione delle autorità cinesi che decisero di intraprendere degli scavi nell’ultima capitale Shang Anyang (Henan); le ricerche iniziarono nel 1920, e fino all’invasione giapponese della Cina nel 1937, furono raccolti oltre 150.000 pezzi!
L’uso della divinazione sugli ossi scomparve con il rovesciamento degli Shang a opera degli Zhou occidentali (1050- 771). L’I-Ching (libro dei mutamenti) divenne il nuovo oracolo che veniva interrogato con gambi di achillea millefoglie, una pianta sacra. Ricostruita a frammenti in Cina, la storia della divinazione asiatica si conservò anche in Tibet, regione allora meno sconvolta dalle guerre.
Sono stati ritrovati gli insegnamenti di Fu-hi, mitico re cinese (2852- 2738 a.C.), che scrisse un libro sull’arte della divinazione e dell’astrologia. Secondo la leggenda, sotto il suo regno arrivò nel paese un mostro con corpo di cavallo e testa di drago, che portava iscritti sul dorso gli otto trigrammi, segni composti di tre tratti, che sono il fondamento dell’I-Ching.
Basandosi sull’osservazione del cielo e aiutato dal consiglio del fedele Oi Po, l’imperatore Huangdi definì il sistema completo delle due qualità yin e yang, dei cinque elementi, dei dieci settori e dei dodici segni: era nata l’astrologia cinese. Egli fissò all’anno 2637 a.C. l’inizio del calendario, basato su cicli annuali sovrapposti e su mesi determinati della luna, tanto esatto da continuare a essere valido.
Intimamente unito alla vita in tutti i suoi aspetti, l’oroscopo permetteva di prendere le decisioni importanti, di fissare le date degli avvenimenti, delle cerimonie civili e religiose, di scegliere il proprio compagno.
Nel III secolo a.C. il filosofo Zhou Yen applicò queste teorie alla politica, sostenendo che le dinastie erano governate dagli elementi e ne ricalcavano la successione e che i governi dovevano essere in accordo con le norme celesti, grazie ai consigli dei divinatori, altrimenti il loro potere si sarebbe spezzato.
L’astrologia cinese conosce le qualità, gli elementi e i segni. Come in Occidente, suddivide il tema in dodici case. Inoltre, utilizza 111 astri, tra i quali si trovano i pianeti conosciuti dall’astrologia occidentale.