Sanihelp.it – L’allarme è di quelli che destano serie preoccupazioni. Andrea Poli, farmacologo dell’università di Milano è sicuro: «Solo il 50% delle persone con livelli di colesterolo a rischio si cura. E a farlo in modo corretto è appena un quarto di questi pazienti».
Ma non si ferma qui. Insieme a fumo e pressione alta il colesterolo, in particolare quello cattivo (Ldl), è fra i fattori di rischio maggiori per l’infarto, prosegue l’esperto.
«Ma spingere una persona che apparentemente sta bene verso una cura preventiva non è semplice. Per questo motivo alcuni preferiscono modificare solo lo stile di vita, anche quando gli obiettivi necessari a proteggere arterie e cuore sono irraggiungibili».
Insomma, spesso non basta cambiare menù e fare più movimento. «Il modo per imbrigliare il colesterolo esiste» fa eco Luigi Tavazzi, presidente della Federazione italiana di cardiologia «le statine, infatti, sono in grado di ridurre di circa il 30% mortalità e rischio di infarto del miocardio».
Ma, secondo recenti dati italiani, l’80% dei malati in cura con questi farmaci interrompe dopo poco la terapia. Come se non bastasse ad aggravare la situazione è il fatto che molti fanno una cura a singhiozzo, solo per il tempo necessario a ottenere i primi risultati.
Un aiuto può arrivare dalla Carta del rischio cuore, messa a punto dall’Istituto superiore di sanità. «Permetterà a ogni italiano», spiega Poli «di conoscere che pericolo corre, ma indica anche al medico di intervenire, caso per caso».
Gli esperti hanno ormai scoperto che non ci sono valori di colesterolo sicuri per tutti: «Quello che è normale per una persona giovane, che non fuma e non ha la pressione alta, non lo è per un over 50 iperteso».
Insomma, i medici vanno verso un colesterolo personalizzato, che deve tenere conto dei fattori di rischio di ogni individuo (ipertensione, età, fumo, diabete e obesità). Solo così è possibile sapere quale livello di Ldl ci si può permettere senza esporre il cuore a seri rischi.
Non dimentichiamo che le malattie cardiovascolari sono responsabili del 44% dei decessi in Italia.