Sanihelp.it – A cavallo tra Ottocento e Novecento, Herman Swoboda, docente di psicologia applicata all’università di Vienna, analizzò un’enorme mole di dati per svolgere uno studio sui cicli periodici delle malattie epidemiche e delle nascite.
In questo modo rintracciò, nell’uomo, un ciclo fisico della durata di 23 giorni e uno emotivo di 28, che si ripetevano dalla nascita alla morte con caratteristiche precise.
La stessa scoperta fu fatta, quasi contemporaneamente, dal dottor W. Fliess, medico specializzato in otorinolaringoiatria.
Attorno al 1920, infine, l’ingegner A. Teltscher, di Innsbruck, rintracciò un terzo ciclo: quello intellettivo, della durata di 33 giorni.
L’attività dell’uomo, insomma, sembrava scandita e regolata da un orologio interno, capace di condizionarne la vita soggettiva e i rapporti sociali.
Da quel momento in poi, sono stati stampati migliaia di testi sui bioritmi e sul metodo per ricavare le loro curve sinusoidali.
L’obiettivo è saper riconoscere e superare i momenti delicati della propria curva.
Il bioritmo ha assunto oggi una grande popolarità: molte squadre olimpiche, per esempio, stabiliscono i ritiri di allenamento in funzione dei cicli degli atleti.
In Giappone la stessa pianificazione è stata applicata perfino ai turni dei tassisti, degli autisti di autobus e dei camionisti, al fine di ridurre gli incidenti sul lavoro.