Sanihelp.it – Ricercatori della Stanford University hanno analizzato più di 2700 donne in menopausa ed iscritte all’ Heart and Estrogen/Progestin Replacement Study (HERS).
Circa metà del campione è stato sottoposto ad un trattamento ormonale sostitutivo, mentre il resto ha ricevuto un placebo. Le pazienti sono state ulteriormente divise in due gruppi, in base alla presenza o meno di sintomi tipici della menopausa come “vampate di calore”etc. Sono stati inoltre considerati parametri quali l’energia, la fatica, l’attività fisica, la salute mentale ed i sintomi depressivi.
Secondo gli autori dello studio, le donne con sintomi tipo le cosiddette “scalmane”e a cui sono stati somministrati ormoni, hanno dimostrato un miglioramento del loro stato di salute mentale con una riduzione dei sintomi depressivi, rispetto al gruppo trattato con placebo. Le donne che invece non riferivano sintomi apparenti da menopausa e sottoposte a terapia ormonale, hanno mostrato un maggiore deperimento della performance fisica ed energetica riferendo una stanchezza e un affaticamento maggiore durante i comuni lavori domestici o sociali.
Il 38% delle donne tra i 50 ed i 74 anni di età, e in menopausa, assumono terapia sostitutiva con farmaci ormonali. Le ragioni per iniziare il trattamento spesso sono diverse variando le situazioni personali che sono valutate singolarmente dal medico, ma vanno comunque prese in considerazione le segnalazioni sulla prevenzione dimostrata di malattie come l’osteoporosi e gli attacchi cardiaci.
In conclusione, secondo i ricercatori la terapia ormonale ormonale sostitutiva non sempre apporta benefici a tutte le donne in post-menopausa ma sicuramente migliora la qualità della vita in presenza di sintomi legati alla menopausa. Nelle donne infatti che riferiscono, come sintomi principali, le vampate di calore e la depressione si è rilevato un notevole miglioramento di entrambi i sintomi. Diverso il risultato nelle donne asintomatiche dove si è invece rilevato un peggioramento delle condizioni fisiche ed energetiche e nessun miglioramento delle condizioni psicologiche e depressive.
FONTE: Journal of the American Medical Association