Sanihelp.it – Il cancro della prostata è il secondo tumore più frequente nei paesi industrializzati, ma in Italia è stimato oggi essere il primo in assoluto tra i tumori maligni dell’uomo.
Tale dato è emerso da uno studio presentato al XVI Congresso Nazionale della società italiana di Urologia Oncologica (SIUrO) appena conclusosi a Genova.
Nell’arco dei 35 anni analizzati dai ricercatori, l’incidenza è aumentata mediamente del 4.5% all’anno nei pazienti che si sono ammalati nei primi 20 anni, mentre è superiore al 6% annuo per i casi con diagnosi dal 1990-2005. Il tasso di incidenza è aumentato da 21 a 99 per 100.000 casi all’anno.
Nelle regioni del nord e del centro Italia l’incidenza aumenta di più che nelle regioni del Sud (nel 2005 il tasso è 100 per 100.000 al Nord-Centro e circa 60 per 100.000 al Sud). L’andamento della mortalità invece è differente: nelle regioni del Nord-Centro (escluse Piemonte-Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Toscana e Umbria) si sta osservando una recente riduzione, mentre nelle regioni del Sud è ancora in aumento.
Il rischio di ammalarsi di un cancro della prostata è dunque variabile nel Paese: nel 2005 è di circa due volte superiore nelle regioni del Nord-Centro rispetto a quelle del Sud; mentre il rischio di morire è quasi omogeneo.
In Italia nel 2005 si stimano 43.000 nuovi casi all’anno, 174.000 sono gli uomini che hanno avuto una diagnosi di cancro della prostata e 9.000 sono i decessi per cancro della prostata.
È molto probabile che gli andamenti descritti siano un effetto della diffusione del PSA, che ha anticipato la diagnosi in molti pazienti, con miglioramento della sopravvivenza.
Il diverso andamento di incidenza e mortalità tra Nord-Centro e Sud potrebbe essere attribuito quindi proprio a una diversa diffusione del PSA nel Paese.