Sanihelp.it – Alcuni ricercatori stanno conducendo esperimenti che mostrano come l’ascolto della sinfonia preferita o anche un banale rap, purchè provochino i cosiddetti «brividi», stimolino le stesse aree del cervello che risultano attivate durante una cena o durante un atto sessuale. E’ intuitivo ed ormai assodato il ruolo «antidepressivo» di questa antichissima ed istintiva invenzione dell’uomo. Ma adesso se ne stanno studiando gli effetti più in profondità.
I ricercatori americani hanno scelto di dividere il loro studio in due parti: la prima si occupava di scoprire gli effetti sul cervello delle tonalità dissonanti. Fu fatta ascoltare una musica dissonante ad un gruppo di musicisti e ad un altro gruppo formato da «non musicisti», durante l’esecuzione di un esame PET, ossia tomografia ad emissione di positroni.Questo esame permette di verificare quali aree del nostro cervello risultano attivate e quali invece restano «silenti». La seconda parte dello studio fu fatta coinvolgendo solo musicisti e chiedendo loro di ascoltare, durante la PET, una selezione di brani da loro scelti e molto emozionanti. L’attività cerebrale registrata fu poi comparata con quella acquisita dall’ascolto di un rumore bianco. Furono misurate anche frequenza cardiaca e respiratoria.
I risultati PET dimostrarono che durante l’ascolto dei brani preferiti c’era effettivamente una variazione di flusso sanguigno nei centri cerebrali di solito attivati dalle sensazioni piacevoli, dalla motivazione e dall’attenzione. Questi centri, quelli cioè stimolati anche dal cibo e dal sesso, ma non dalla musica stridente, sono noti scientificamente come lo striato ventrale, l’amigdala, la corteccia orbitofrontale e la corteccia prefrontale mesiale.
I risultati di questo studio hanno implicazioni innovative in ambito medico: si pensa infatti che dopo un infarto cerebrale la musica possa stimolare alcune strutture a riparare se stesse; alcuni studiosi parlano del cosiddetto «effetto Mozart», secondo cui la musica si è rivelata utile nel risolvere i problemi di linguaggio e di apprendimento che spesso seguono un ictus. Ma non solo! Alcune ricerche hanno dimostrato che i musicisti sembrano soffrire meno di tumore rispetto alla popolazione generale. Quindi la musica potrebbe avere addirittura un effetto «antineoplastico».
Ci sono persone che non sentono un legame particolare con la musica, eppure forse non si rendono conto di aver a che fare con una «forza» che è in grado di provocare gli stessi effetti di un drink…senza gli spiacevoli effetti dello stesso. Proprio a voi va il nostro consiglio: meno televisore e più hi-fi! Rilassa e distrae senza effetti collaterali e…forse vivrete più a lungo!