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Frutti dimenticati: la mora da gelso

Sanihelp.it – Da distinguere rispetto alla mora prodotta dai rovi, quella di gelso può essere di colore biancastro o nero violaceo, a seconda che provenga dal moro bianco o dal moro nero.
Il frutto di quest’ultimo è simile a quello dei rovi, ed è grosso, nero, lucido, acidulo e molto succoso, mentre il frutto del moro bianco è più piccolo e meno saporito.


Il gelso nero anticamente era coltivato proprio per il suo frutto mangereccio, poi dalla fine del primo millennio la sua importanza si legò sempre più all’allevamento del baco da seta, al quale forniva nutrimento tramite le foglie, affiancato poi dal gelso bianco verso la metà del ‘500.
Per questo motivo, fino al secolo scorso, ogni famiglia contadina possedeva o lavorava filari di gelsi per allevare i bachi, e quindi disponeva di una notevole quantità di more.

Oggi, in seguito all’abbandono dell’allevamento del baco da seta la cui produzione è stata via via sostituita dalle fibre artificiali, la mora da gelso è decisamente meno disponibile.
Ma non per questo meno consigliabile: già Orazio ne suggeriva il consumo per le proprietà medicinali e nutritive grazie al forte potere energetico; mentre Gargilio Marziale insegnava a trarre dal frutto un potente medicamento contro i mali della bocca, dei denti, delle fauci e delle arterie. La medicina popolare consigliava invece lo sciroppo di more quando era necessaria una azione astringente ed antinfiammatoria, mentre le foglie avevano proprietà febbrifughe.
I frutti del gelso bianco, più piccoli e meno saporiti, venivano essiccati per ricavarne una farina dolcificante.

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