Sanihelp.it – Sono 46, tra medici-ricercatori, neuropsicologi, bioingegneri e alpinisti, i protagonisti di una missione scientifica ad alta quota promossa dall’Istituto Auxologico Italiano sull’ipossia (la carenza di ossigeno circolante nel nostro sangue e disponibile per tutte le nostre funzioni vitali).
Lo scopo è capire come la carenza di ossigeno possa innescare tutta un serie di processi fisiopatologici all’origine di malattie cardiovascolari come infarto e ictus, oppure come le apnee notturne che tanta parte hanno nel determinare problemi a carico del cuore. Ma anche malattie legate a disfunzioni metaboliche come l’obesità, la piaga sociale che sta investendo gran parte del mondo industrializzato e non.
All’ossigeno, del resto, sono legate tutte le nostre funzioni vitali: dopo pochi minuti di assenza di ossigeno, il nostro cervello muore. Ecco perché risulta così importante indagarne tutti i coinvolgimenti, anche neurologici, con la nostra fisiologia, nell’arco delle 24 ore, anche durante il sonno.
Molte delle variazioni fisiologiche che avvengono alle alte quote sono causate dalla diminuzione della pressione atmosferica che conduce a ipossia e ipossiemia. Lo studio dell’esposizione all’ipossia in alta quota è importante non solo perché permette di comprendere meglio i meccanismi che regolano l’adattamento all’alta quota e l’eziopatogenesi del male acuto di montagna (AMS), ma anche perché questa condizione potrebbe servire da modello per esplorare la fisiopatologia di alcune le malattie croniche connesse con l’ipossia tissutale, quali lo scompenso cardiaco, la malattia polmonare ostruttiva cronica, l’ipertensione arteriosa associata alla sindrome delle apnee notturne e l’obesità severa e per provare l’efficacia di alcuni interventi terapeutici, sia farmacologici sia non faramacologici, utili a curarle.
Di notevole interesse è la possibilità di valutare, su volontari sani esposti a condizioni molto simili a quelle di pazienti affetti da frequenti e gravi patologie croniche, strategie di trattamento farmacologico e non farmacologico, che potrebbero essere applicate non solo in quota per contrastare i sintomi legati al male acuto di montagna, ma anche e soprattutto per curare alcune condizioni croniche patologiche che si accompagnano a ipossiemia.