Sanihelp.it – Aumentano gli stranieri che vivono e fanno figli in Italia: tra le sfide che questi flussi migratori portano, ci sono anche quelle sanitarie. L’anemia falciforme, o drepanocitosi, è una di queste.
Si tratta di una rara malattia del sangue, di origine genetica, storicamente poco presente nel nostro Paese, ma che rappresenta la forma più comune di emoglobinopatie in Africa, Medio Oriente e India. Chi proviene da questi Paesi ha maggiori probabilità di esserne affetto o portatore sano e dunque di avere bambini con questa malattia.
Uno studio dell’Università degli Studi di Ferrara ha confermato che lo screening neonatale per l’anemia falciforme potrebbe salvare moltissimi bambini nati in Italia. Il test si realizza attraverso l’analisi del sangue del cordone ombelicale mediante HPLC (cromatografia liquida ad alte prestazioni).
Lo screening neonatale è risultato essere estremamente utile per garantire una diagnosi precoce, in particolare per i neonati provenienti da aree geografiche ad alto rischio di emoglobinopatie.
Questo screening può essere di grande utilità non solo per la prevenzione della morte da infezione nei primi anni di vita, ma anche per identificare i nuclei familiari che potrebbero giovarsi di una consulenza genetica. Una metodica dedicata, applicata a livello regionale, potrebbe diagnosticare anche altre emoglobinopatie con un costo di circa due euro per ogni test. Un ricovero per anemia falciforme ha un costo che si aggira attorno a 2.500 euro.
È stato inoltre calcolato che lo screening permette una riduzione dell’84% delle sepsi da pneumococco e della mortalità che scende dall’8 all’1,8%. Attualmente solo altri due centri in Italia stanno portando avanti progetti simili, in entrambi i casi rivolti solo alla popolazione a rischio.