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Alluce valgo per 1 italiano su 5, ma i tacchi non c’entrano

Sanihelp.it – L'alluce valgo affligge fino a una persona su 5. Ne soffre il 15-20% della popolazione, prevalentemente donne, colpite da disturbi alle dita dei piedi da 7 a 8 volte più degli uomini.


Gli esperti riuniti iall'università degli Studi di Milano per il congresso della Società italiana della caviglia e del piede danno alle donne amanti del tacco una buona notizia: «l'alluce valgo è una condizione indipendente dalla calzatura – spiega all'Adnkronos Salute Sandro Giannini, presidente della Sicp – Tuttavia, se la scarpa va a forzare un alluce già non perfetto, battendo dove il dito duole, in chi è predisposto può aggravare l'infiammazione e il dolore».

«Nell'85% dei casi l'alluce valgo è riconducibile a una particolare conformazione del piede, soprattutto a un piede piatto – stima Umberto Alfieri Montrasio, coordinatore del Cts piede e caviglia dell'Irccs Istituto ortopedico Galeazzi di Milano, e presidente del meeting milanese – Mentre nel restante 15% si tratta di una condizione secondaria ad altre malattie».

Le grandi deformità della caviglia e del piede, a cui è dedicato il congresso milanese, sono alterazioni complesse associate a malattie reumatiche o neuromuscolari, patologie metaboliche come il diabete o esiti di un trauma. Senza tralasciare tutti quei disturbi, come appunto l'alluce valgo, relativi a deformità cosiddette minori e che possono rappresentare una condizione invalidante. Perché quando il piede sta male e la camminata vacilla, ne risente il benessere muscolare, articolare e venoso.

Come intervenire? Nei casi meno gravi un plantare può aiutare. Nell'era della chirurgia soft, il concetto attuale è cercare di correggere le deformità nel modo meno invasivo possibile, a parità di efficacia dei risultati. L'obiettivo è ridurre il rischio di complicanze, la durata del ricovero e della convalescenza e di conseguenza tagliare i costi.

Gli interventi più frequenti sono quelli sull'alluce valgo. Alle metodiche tradizionali, che prevedono un'incisione, si sono affiancate negli anni tecniche mininvasive in cui si accede al distretto da operare attraverso taglietti, fino alla metodica percutanea in cui gli strumenti del chirurgo passano da piccoli buchi. Ma tutto dipende dal tipo e dalla gravità della deformità, nell'ottica di un approccio sempre più su misura.

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