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Elettroshock: condanna senza istruttoria?

Sanihelp.it – Colpevole senza possibilitàdi appello. Secondo gli esperti della Sin, SocietàItaliana di Neurologia, è questo l’esito del «processo all’elettroshock» tenutosi negli anni nel nostro Paese.
La polemica, da sempre molto dibattuta, è stata rilanciata a pochi giorni dal trentottesimo congresso della Sin, in programma a Firenze dal 13 al 17 ottobre.
«Il giudizio negativo sull’elettroshock è frutto di una strumentalizzazione politica del tutto irrazionale – afferma Mario Manfredi, presidente della Sin – e condotta senza tenere in alcuna considerazione le evidenze mediche».


La terapia elettroconvulsivante – questo il nome tecnico dell’elettroshock – è una tecnica basata sull’induzione di convulsioni nel paziente successivamente al passaggio di una corrente elettrica attraverso il cervello. La sua efficacia nei confroni di alcune patologie neurologiche è dimostrata da centinaia di evidenze.
«L’elettroshock resta tutt’ora la terapia d’elezione in numerosi casi – aggiunge Manfredi – dalla psicosi depressiva post partum alle psicosi maniacali, fino alla depressione grave con rischio di suicidio. Grazie alla sua applicazione, ho visto personalmente pazienti guarire nel giro di una settimana, e cambiare completamente condizione in poche ore».

La cattiva fama dell’elettroshock, secondo i neurologi riuniti a Milano per il lancio del Congresso, sarebbe dovuta principalmente alla «strumentalizzazione condotta da certe frange estremiste della sinistra ambientalista», nonchè dalla fama negativa provocata sia dalla pratica aggressiva che se ne è fatta in alcuni casi, sia della presentazione che ne viene spesso data in letteratura e cinematografia.
«Le persone associano erroneamente l’elettroshock alla sedia elettrica – afferma il neurologo – Ma si tratta ovviamente di due pratiche molto differenti. Nel caso dell’elettroshock la corrente non passa attraverso il cuore ma attraverso il cervello: è chiaro che si tratta di una tecnica invasiva, ma oggi il tutto avviene in tre minuti in anestesia generale, senza provocare al paziente alcun dolore. È assurdo pensare che questa tecnica venga utilizzata con successo in tutto il mondo, mentre da noi, che l’abbiamo inventata, è praticamente impossibile a causa di pesanti restrizioni legislative».
A fronte di queste evidenze, gli esperti della Sin auspicano un netto cambiamento di opinione nei confronti della terapia scoperta negli anni ’30 dai neurologi italiani Ugo Cerletti e Lucio Bini.

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