Sanihelp.it – Normalmente si ha la sensazione che il sesso estremo sia per persone forti, sicure di sé, che vivono una vita al di là di ogni timore ed insicurezza. Del resto si tratta di esperienze hard, in cui talvolta non ci si sottrae al gioco erotico che può anche prevedere il ricevere o l’infliggere dolore. Ma non sempre è così. E uomini e donne che magari in privato amano fruste e completi in pelle o in vinile, nella vita normale possono essere timidi, riservati, ossessionati dal proprio stato di salute.
Lo spiegano gli esperti psichiatri del Cornell Medical Center dell’Ospedale di New York, che hanno avuto modo di osservare come tra i malati di ipocondria, cioè quel disturbo del comportamento per cui il soggetto disturbato è fisicamente sano ma convinto di essere affetto da gravi patologie, ci fossero in percentuale molte persone con abitudini sessuali di tipo sadomaso.
Questo strano mix tra sessualità estrema e malessere psicologico non poteva passare inosservato e a questo proposito è stata proposta la seguente teoria.
La sessualità estrema potrebbe essere una sorta di espiazione rispetto a un malessere che viene dall’infanzia, forse come tentativo di sublimare le punizioni vissute in tenera età. Ed allo stesso tempo l’ipocondria come forma di autopunizione ulteriore per la propria condotta sessuale, vissuta come necessaria ma allo stesso tempo estrema e quindi non moralmente accettabile.
Il punto, quindi, è il seguente: bisogna curare solo l’ipocondria per permettere una vita sessuale libera, benché estrema? Oppure si deve intervenire sulla radice, cioè sui conflitti che poi si riverberano sulla sessualità, al fine di guarire l’ipocondria? Forse la scelta più rispettosa della libertà personale spetta proprio al paziente.