Sanihelp.it – L’antenato selvatico dell’asino, Equus Asinus Africanus, viveva probabilmente nel nord Africa, ma sicuramente già dai tempi antichi popolava la Siria, la Mesopotamia e la Persia e sono stati ritrovati in Egitto bassorilievi risalenti al 2500 a. C. che ritraggono allevamenti di asini.
Pare che i re ebrei cavalcassero solo asini, per gli egizi era una divinità occulta, mentre per i greci l’asino era l’identificazione del dio della sessualità e della lussuria.
Cleopatra e Poppea usavano il latte d’asina per fare bagni di bellezza e Plinio è stato l’autore di ricette per preparare pozioni e unguenti a base di cipolla, piante palustri e latte d’asina.
Durante il Medioevo invece, l’asino era visto come un animale negativo, infatti veniva portato nelle chiese e fustigato davanti all’altare perché incarnazione del demonio.
Durante il Rinascimento Francesco I in Francia, però, decantò le numerose virtù del latte d’asino che riuscirono a guarirlo da una lunga malattia.
Nel XIX secolo il dottor Parrot dell’Hôpital des Enfantes Assistes fu il primo ad avvicinare i neonati direttamente al capezzolo dell’asina per allattarli, ma in assenza di balie, i neonati orfani o figli di donne senza latte sono stati sempre allattati con latte d’asina.
Secondo stime della FAO del 1997 nel mondo ci sono 44,3 milioni di asini: di questi solo una piccola quota si utilizzano per la produzione di latte, per l’onoterapia, come animali da compagnia per i cavalli, mentre la maggior parte si impiegano soprattutto nel lavoro dei campi.