Sanihelp.it – La Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson ha presentato il Progetto Malattia di Parkinson in Africa, volto a monitorare e curare la patologia nei Paesi del Sud del Mondo.
L’attività prevede l’invio di personale medico per organizzare e coordinare una campagna informativa allo scopo di individuare i pazienti affetti da Malattia di Parkinson nell’Africa sub-sahariana, confermare la diagnosi, impostare il trattamento con prodotti farmaceutici specifici inviati dall’Italia e formare gli operatori sanitari locali.
Come spiega il professor Gianni Pezzoli, Presidente dell’Associazione Italiana Parkinsoniani e della Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson e Direttore del Centro Parkinson ICP di Milano: «Oltre a una valenza clinica, il progetto si pone anche obiettivi scientifici per valutare la progressione naturale e le basi genetiche della Malattia di Parkinson e le differenti manifestazioni cliniche della patologia rispetto al mondo occidentale. Da questa esperienza potranno nascere nuove scoperte in grado di migliorare le condizioni di vita di tutti i pazienti».
Il Ghana è uno Stato dell’Africa sud-occidentale che conta oltre 20 milioni di abitanti, con un’aspettativa di vita media di 60 anni. Il Servizio Sanitario Nazionale, a cui è iscritto il 60% circa della popolazione, rimborsa solo i farmaci cosiddetti essenziali, tra i quali non sono contemplati quelli per la terapia della Malattia di Parkinson.
Il Dottor Roberto Cilia, neurologo presso il Centro Parkinson ICP di Milano, aggiunge: «In Ghana abbiamo dato vita a tre ambulatori che stanno trattando complessivamente 25 pazienti affetti dalla Malattia di Parkinson, anche se il nostro obiettivo è quello di coprire tutto il Paese e curare tutti i pazienti identificati per l’intera durata della loro vita».
«Per quanto riguarda il valore scientifico del progetto – continua il Dottor Cilia – i nostri obiettivi sono di carattere epidemiologico (prevalenza della malattia e fattori di rischio), genetico (analisi del DNA), clinico (studio delle fluttuazioni motorie in rapporto alla durata della terapia e analisi dei sintomi non motori). Dal momento che i pazienti identificati non hanno mai ricevuto alcun trattamento ci troviamo a studiare la malattia come si presentava in epoca precedente all’introduzione della levodopa. Da questo stanno emergendo risultati interessanti in riferimento all’aspetto motorio dei movimenti involontari, finora considerato un effetto dell’utilizzo a lungo termine della levodopa: a soli tre mesi dall’inizio del trattamento, invece, un paziente ha manifestato la comparsa delle cosiddette ‘discinesie’. Questo dato apre, dunque, nuove prospettive sull’origine di questa complicanza».