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8 italiani su 10 dicono no alla mela che non invecchia mai

Sanihelp.it – L’arrivo della prima mela geneticamente modificata che non annerisce, e mantiene l’aspetto sempre fresco una volta tagliata a fette, non interessa ai quasi 8 italiani su 10 (76%), che sono contrari all’utilizzo di organismi geneticamente modificati (Ogm) nell’agricoltura in Italia.


È quanto afferma la Coldiretti, in riferimento all’annuncio della richiesta di commercializzazione della Arctic Apple da parte di un'azienda canadese. Le prime varietà ad arrivare sul mercato dovrebbero essere le Golden Delicious e le Granny Smith, che sono state manipolate geneticamente con l’inserimento di un gene anti-macchia.

Se per l’azienda produttrice si tratta di una scoperta rivoluzionaria, perché consente di allungare la scadenza delle confezioni di frutta già sbucciate e porzionate, a preoccupare i coltivatori è il fatto che l'arrivo di questo frutto possa alterare la percezione di semplicità e salute che da sempre accompagna le mele.

Una preoccupazione che riguarda sopratutto l’Italia, che è il primo produttore europeo di mele, con circa 70mila ettari coltivati e oltre 2 milioni di tonnellate di produzione, di cui gran parte ha avuto il riconoscimento comunitario come indicazioni geografica protetta (Igp) o denominazione di origine protetta (Dop).

Produzioni come la mela della Val di Non (Dop), mela della Valtellina (Igp), la mela dell’Alto Adige (Igp) la Melannurca campana (Igp) e la mela di Cuneo (Igp), fondano il proprio successo sulla loro distintività, che è il contrario dell’omologazione causata dagli Ogm.

Nonostante il rincorrersi di notizie sugli effetti benefici delle nuove modificazioni genetiche effettuate su animali e vegetali in laboratorio (dal supersalmone ad accrescimento rapido al riso ipervitaminico, dalle patate fritte superesistenti ai parassiti fino al latte materno da mucche transgeniche), rimane elevato – sostiene la Coldiretti – il livello di scetticismo dei cittadini. La realtà è infatti che gli Ogm attualmente in commercio riguardano pochissimi prodotti (mais, soia e cotone) e non hanno, secondo l'associazione, benefici riscontrabili dai cittadini.

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