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In alta quota la pressione sale: uno studio sull’Everest

Sanihelp.it – La ridotta disponibilità di ossigeno in alta quota causa un aumento della pressione arteriosa nelle 24 ore. A dimostrarlo, per la prima volta, una ricerca dell’Istituto Auxologico Italiano e dell’Università di Milano-Bicocca e condotta sul Monte Everest.


I ricercatori hanno anche osservato che il telmisartan, un farmaco usato per abbassare la pressione arteriosa, è efficace nel contrastare gli effetti della quota sull’incremento di pressione fino a 3400 metri, mentre non lo è più alla quota di 5400 metri, cioè all’altezza del Campo Base dell’Everest.
 
I risultati mostrano come durante l’esposizione alla quota di 5400 metri si verifichi un aumento di 14 mmHg nel valore medio della pressione arteriosa sistolica delle 24 ore e di 10 mmHg nella pressione diastolica.
 
Nel corso dello studio è stata monitorata la pressione arteriosa in condizioni dinamiche per 24 ore a diverse altitudini. La ricerca ha coinvolto un gruppo di volontari sani che normalmente vivono, lavorano e svolgono attività sportive a livello mare.

I risultati possono tuttavia essere di interesse anche per persone che, pur trovandosi a bassa quota, potrebbero per svariati motivi, trovarsi temporaneamente in ipossia, senza cioè un adeguato apporto di ossigeno.

È quello che succede, per esempio, a quanti soffrono di apnee notturne, che riducono a intermittenza la concentrazione di ossigeno nel sangue facilitando la comparsa di ipertensione arteriosa e il rischio di attacchi ischemici o cardiaci.
 
Questi dati possono avere implicazioni utili per la cura di individui con malattie croniche associate a uno stato di ipossia, quali lo scompenso cardiaco, la riacutizzazione della broncopneumopatia cronica ostruttiva, le apnee ostruttive nel sonno o l’obesità di grado severo. Messe insieme, queste condizioni si riscontrano in più di 600 milioni di persone nel mondo.

L’aumento di pressione osservato può essere attribuito a diversi fattori, tra i quali il più importante sembra l’attivazione del sistema nervoso simpatico, determinato dalla ridotta disponibilità di ossigeno. Tale fenomeno fa sì che il cuore venga sottoposto a un carico maggiore di lavoro e che i vasi sanguigni si costringano.
 
I risultati permetteranno di istruire i malati con problemi cardiovascolari sulle precauzioni necessarie in caso di esposizione all’alta quota per motivi lavorativi o ludici.

Inoltre lo studio sottolinea l’importanza del monitoraggio dinamico ambulatorio della pressione nella caratterizzazione dei livelli pressori nelle condizioni di vita reale. Questo dato sembra particolarmente rilevante in condizioni di ipossia, i cui effetti possono essere molto più evidenti durate le attività quotidiane che non a riposo.

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