Sanihelp.it – Domenica 7 settembre 2014 è si celebrato il primo World Duchenne Awareness Day, giornata mondiale promossa dalle associazioni dei malati e dedicata alla distrofia muscolare di Duchenne, una delle più diffuse patologie genetiche degenerative.
Nonostante si tratti di una malattia senza cura, sono numerosi i passi avanti fatti nel trattamento. Sul fronte della ricerca numerosi i progetti che stanno studiando un modo per bloccarne il progredire.
La distrofia muscolare di Duchenne è una patologia rara che colpisce quasi esclusivamente i maschi e la cui incidenza è di circa 1 su 3.500 nati vivi. Si stima che in Italia ne siano affette circa 5.000 persone, 250.000 in tutto il mondo.
La malattia è causata da un'alterazione di un gene che contiene le informazioni per la produzione di una proteina presente nei muscoli: la distrofina. Le informazioni necessarie a produrla sono contenute nelle 79 unità che costituiscono il gene della distrofina. È proprio questo numero che ha ispirato la scelta della data della prima giornata mondiale: il 7/9 appunto.
Si tratta di una malattia che colpisce diverse funzioni dell’organismo: muscolari, respiratorie, cardiache, ossee, cerebrali. L’approccio multidisciplinare è quindi fondamentale. Soluzioni innovative, quale l’impianto di un cuore artificiale permanente, hanno permesso di superare problemi legati alla degenerazione del miocardio, offrendo un’alternativa fino a qualche anno fa non possibile.
Il costante controllo della malattia mediante la presa in carico diretta da specialisti in malattie neuromuscolari permette di contrastarne nel modo più efficace possibile l’avanzamento.
Grazie a questi progressi, negli ultimi 10 anni l’aspettativa di vita è raddoppiata, passando da 20 a 40 anni. Inoltre l’insorgere di forme gravi di scoliosi, complicanza che colpisce i bambini affetti da questa patologia, è stato quasi del tutto neutralizzato grazie alla somministrazione del cortisone. Effetti simili si sono ottenuti per quanto riguarda i problemi cardiaci, grazie all’uso preventivo di betabloccanti e ACE inibitori.
Sul fronte della ricerca si punta a riuscire a bloccare definitivamente – se non addirittura a far regredire – il fattore degenerativo della DMD, restituendo la proteina distrofina mancante e ristabilendo una serie di meccanismi biologici alterati agli individui colpiti da questa miopatia.