Sanihelp.it – Il kendo è la scherma tradizionale dei Samurai, che letteralmente significa la via della spada, in cui al posto della vera spada, la katana, utilizzata anticamente, si usa lo shinai, un bastone formato da quattro canne di bambù tenute insieme da lacci, per ragioni di sicurezza. Il corpo è protetto da un’armatura chiamata bogu, che consente di colpirsi con lo shinai senza farsi male, e comprende maschera che ripara il viso, corpetto, guanti per proteggere mani, polsi e avambracci e un paraventre.
Il kendo è anche sport, ma non solo, in quanto comprende lo studio delle buone maniere, della cortesia e della filosofia del combattimento, e insegna ad accettare serenamente non solo la vittoria, ma anche la sconfitta, lungi dall’agonismo estremo che spesso accompagna gli sport moderni. L’allenamento inizia e finisce con una cerimonia di saluto, con un reciproco inchino, a significare il rispetto che si porta al Maestro, al luogo di pratica e all’avversario. Il kendo non prevede cadute, pertanto non si svolge su tappeti, ma su pavimentazione rigida. Non ci sono limiti di età o di sesso, chiunque può praticare il kendo, che in Giappone è molto diffuso, mentre in Italia non suscita ancora molto interesse.
Il Kendoka, cioè colei/colui che pratica il kendo, non ha lo scopo di usare la spada come mezzo per sopprimere l’avversario, ma intende addestrare la sua anima attraverso la disciplina e le regole del combattimento. Si studia sì la tecnica, ma anche la filosofia. Ci sono infatti delle precise regole di comportamento, che comprendono la correttezza, la sincerità, la saggezza, la benevolenza, che tutti i praticanti devono tenere presenti, altrimenti si allontanerebbero da quello che è lo spirito di questa arte marziale.